I giudici della Cassazione hanno stabilito che l’invio di un’email contenente riferimenti ingiuriosi nei confronti di un altro soggetto o la rappresentazione di fatti non veritieri tesa a mettere in cattiva luce l’altra persona configura il reato di diffamazione aggravata quando il messaggio di posta elettronica venisse inviato anche ad altri utenti.
Seguendo un proprio orientamento in materia ma contraddicendo quanto già emerso nei precedenti gradi di giudizio ad opera dei Tribunali di Milano e Chieti, i giudici della Cassazione hanno deciso di condannare l’imputato.
Lo riferisce l’avvocato Fulvio Sarzana che ha fornito alcuni dettagli in più sulla sentenza.
La Corte ha ritenuto che l’invio di un’email a più destinatari, con le premesse illustrate ad inizio articolo, debba rientrare nelle fattispecie di cui al terzo comma dell’articolo 595 del codice penale: “se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro“.
In altre parole mettere in cattiva luce un altro soggetto anche solamente via email può costare caro, specie se – come sancito dai giudici della Cassazione – venissero posti in copia o copia nascosta (rispettivamente cc: e ccn:) altri contatti.
“Il contenuto ritenuto offensivo è stato propagato attraverso posta elettronica indirizzata ad una pluralità di destinatari“, osservano i togati concludendo quindi che l’azione “deve correttamente essere qualificata ai sensi dell’ad 595/3 cp per essere aggravata dall’uso di uno strumento di pubblicità, nella fattispecie, di notevolissima capacità diffusiva“.