È da tempo immemorabile che seguiamo la vicenda. A più riprese, in Europa si è cercato di introdurre l’obbligo di monitoraggio in tempo reale del contenuto dei messaggi privati scambiati dagli utenti con le loro applicazioni di messaggistica. Avete letto bene: i gestori delle app di messaggistica istantanea, come WhatsApp, ma anche tutti i fornitori di qualunque tipo di servizio di comunicazione (compresa posta elettronica e chat integrate nelle console e nei videogiochi…), sarebbero tenuti a scansionare il contenuto di ogni singolo messaggio segnalando alle Autorità eventuali contenuti sospetti. La proposta di legge è chiamata, dai più critici, Chat Control 2.0 perché è la seconda iterazione di una normativa oggetto di discussione già in passato.
La regolamentazione proposta ha un fine alto e condivisibile: contrastare i reati online e in particolar modo quelli che coinvolgono i bambini. Come sottolineato da più parti, il rischio è invece quello di approvare un sistema di sorveglianza di massa che spia conversazioni private e che può ingenerare un numero incalcolabile di falsi positivi.
Immaginate di scambiare con i vostri parenti stretti le foto dei vostri figli al mare: l’intelligenza artificiale può fallire miseramente e consegnare alle Autorità immagini che non hanno assolutamente nulla di illecito.
Poiché il sistema sarebbe implementato sui client degli utenti, le applicazioni avrebbero accesso ai messaggi in chiaro e a tutti gli allegati (foto e video compresi), di fatto bypassando anche la crittografia end-to-end.
Cos’è successo il 12 dicembre 2024 con il voto europeo su Chat Control 2.0
La notizia è passata sotto silenzio. Non ne ha parlato quasi nessuno. Eppure il 12 dicembre 2024 si è giocato un nuovo importante round della “partita” in sede europea. A ottobre 2023 vi raccontavamo dei Paesi che si sono schierati contro Chat Control 2.0.
L’Italia aveva espresso forti dubbi facendo notare tutte le sue riserve sia sul piano tecnico (potenziale inadeguatezza della scansione basata su AI), sia sulle caratteristica di una misura giudicata sproporzionata (“rappresenterebbe un controllo generalizzato su tutta la corrispondenza criptata inviata attraverso la rete“).
Per non parlare dell’impatto in termini di violazione della privacy per i singoli cittadini (ben 500 milioni di persone in tutta Europa, oltre ai soggetti extra-UE comunque coinvolti nelle comunicazioni) e delle conseguenze per gli organi di polizia, già sotto organico, presumibilmente travolti da un enorme volume di segnalazioni. Tra cui molti “falsi positivi”, come dicevamo in precedenza.
Immagine tratta dal sito di Chat Control, di Patrick Breyer.
Italia chiamata a prendere una posizione ufficiale
Come sottolinea Patrick Breyer, attivista tedesco per i diritti digitali, giurista, esponente del Partito Pirata tedesco e, dal 2019, membro del Parlamento europeo, l’Italia non si è espressa nel corso dell’ultima sessione di voto, svoltasi presso il COREPER il 6 dicembre scorso. Il suo mancato intervento, come da prassi, è stato considerato come “silenzio assenso” e il nostro Paese è adesso indicato nella mappa aggiornata dei sostenitori di Chat Control.
Il 12 dicembre si è tenuta una nuova discussione su Chat Control 2.0 ma i rappresentanti degli Stati membri non hanno proceduto con un voto formale. La registrazione video dei lavori è disponibile in questa pagina sul sito del Consiglio europeo.
Da quanto si evince, l’Italia – ancora una volta – non ha avanzato alcuna obiezione. Non si è neppure astenuta.
Anche con i pochi Paesi contrari a Chat Control 2.0 (quelli evidenziati in verde), la proposta non è passata perché nel complesso le voci che hanno espresso il loro dissenso rappresentano più del 35% dei cittadini residenti entro i confini dell’Unione Europea.
I promotori di Chat Control 2.0 non mollano
Nonostante Chat Control 2.0 abbia subìto una nuova cocente battuta d’arresto, la proposta non è ancora tramontata.
Anzi, come ricorda Breyer, diversi Paesi precedentemente contrari, come la Francia, hanno già rinunciato alla loro opposizione. Alcuni governi che si oppongono (Paesi evidenziati in verde) stanno solo chiedendo modifiche (ad esempio, la ricerca di soli “contenuti noti” o l’esclusione della crittografia end-to-end) che porterebbero comunque a perquisizioni di massa e fughe di dati dalle conversazioni private di milioni di utenti.
Sul sito Chat Control allestito da Breyer ci sono una serie di spunti per individuare i rappresentanti italiani da contattare per esprimere la propria contrarietà alla regolamentazione sul controllo delle chat.
“I Paesi europei che hanno espresso delle critiche costituiscono solo una minoranza di blocco“, osserva ancora Breyer. “Sono sotto una pressione enorme e potrebbero cambiare la loro posizione in qualsiasi momento“.
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