A distanza di cento anni dalla pubblicazione della teoria della relatività generale (1916) da parte di Albert Einstein, un team di ricercatori – in gran parte italiano – aveva confermato nel 2016 l’esistenza delle onde gravitazionali. Già più di un secolo fa Einstein aveva previsto l’esistenza delle onde gravitazionali ma oggi se ne hanno le prove.
Gli studiosi annunciarono la storica scoperta simultaneamente: in Italia a Cascina (Pisa), ove è stabilita la sede di EGO, il laboratorio che accoglie l’interferometro VIRGO e negli USA, a Washington.
L’interferometro Michelson a laser è lo strumento adoperato all’epoca per rivelare le onde gravitazionali: essendo molto sensibile a differenze di lunghezza tra i suoi bracci, è ideale per l’individuazione delle onde gravitazionali. In forza dell’altissima sensibilità richiesta per una corretta rilevazione, la lunghezza dei bracci deve essere di molti chilometri.
Ideato, realizzato e condotto dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) italiano e dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese, il progetto VIRGO ha visto il contributo di diversi Paesi europei.
Il rilevamento delle onde gravitazionali è avvenuto contemporaneamente il 14 settembre 2015 usando due interferometri posti negli USA e gestiti dai partner di LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory). La scoperta, dopo le necessarie verifiche, fu ufficialmente confermata l’11 febbraio 2016.
La scoperta di giugno 2023
Utilizzando una tecnica completamente diversa rispetto a quella che nel 2015-2016 ha portato al primo rilevamento, un gruppo di ricercatori ha scoperto l’esistenza di onde gravitazionali di proporzioni “mostruose”. Mai viste in precedenza.
Il nuovo approccio tiene traccia dei cambiamenti nelle distanze tra la Terra e alcune “stelle faro” (pulsar): calcolandole con precisione, gli studiosi hanno dimostrato che lo spazio nel mezzo risulta allungato e schiacciato in forza del passaggio delle onde gravitazionali. “Possiamo dire che la Terra sta oscillando a causa delle onde gravitazionali che stanno investendo la nostra galassia“, afferma Scott Ransom, astrofisico presso l’Osservatorio nazionale radioastronomico degli Stati Uniti a Charlottesville, in Virginia.
Come spiega l’articolo pubblicato su Nature, la fonte più probabile dell’ultima scoperta è il segnale combinato di molte coppie di buchi neri molto grandi: milioni o addirittura miliardi di volte la massa del Sole. Essi orbitano lentamente l’uno intorno all’altro nei cuori di galassie lontane. Le onde da essi ingenerate sono migliaia di volte più forti e più lunghe di quelle trovate nel 2016, con lunghezze d’onda addirittura fino a decine di anni luce. Al contrario, le increspature rilevate nel 2016 utilizzando la tecnica dell’interferometria (ne parliamo più avanti) sono lunghe soltanto decine o centinaia di chilometri.
Monica Colpi, che studia la teoria delle onde gravitazionali e dei buchi neri presso l’Università di Milano-Bicocca ha fatto presente che la nuova scoperta metterà al lavoro un esercito di astrofisici nel corso dei prossimi 20 anni. Sempre che tutto quanto emerso sia confermato.
Guardare l’universo con occhi nuovi
La conferma dell’esistenza delle onde gravitazionali di alcuni anni fa ha permesso di guardare l’universo con occhi nuovi. Dal 2015-2016 si è appurato che lo spaziotempo, ossia la struttura a quattro dimensioni dell’universo, è davvero deformato per opera delle onde gravitazionali.
Quando si parla dell’universo, infatti, non si usano solamente le tre dimensioni alle quali ogni essere umano è avvezzo sin dalla nascita ma se ne utilizza una quarta, il tempo.
La teoria della relatività unisce nella sua “ricetta”, oltre alle tre dimensioni spaziali che tutti conosciamo, proprio il tempo: si tratta di una visione diversa che evidenzia come ciò che sta accadendo possa essere percepito in maniera diversa da osservatori posti in condizioni diverse.
“Rispetto alla radiazione elettromagnetica, che fino a qualche tempo fa era di gran lunga il principale mezzo di osservazione astronomica, le onde gravitazionali hanno una natura totalmente diversa, essendo generate dal moto dei corpi celesti e riuscendo a trasportare intatta l’informazione sul fenomeno che le ha originate“, spiegavano i ricercatori dell’INFN. E, inoltre, “contrariamente ai telescopi che possono osservare solo una piccola porzione del cielo alla volta, i rivelatori di onde gravitazionali sono per loro natura non direzionali e sono quindi in ascolto di un grande volume di universo, il cui raggio è ovviamente determinato dalla sensibilità dei rivelatori“.
Cosa sono le onde gravitazionali
Ma che cosa sono le onde gravitazionali? Le onde gravitazionali sono increspature dello spaziotempo che giungono sulla Terra a seguito di immani cataclismi avvenuti nell’universo.
Per capire che cosa sono le onde gravitazionali è possibile immaginare lo spazio come un immenso tappeto di gomma. Lasciando cadere sul tappeto un oggetto, la deformazione applicata sarà proporzionale alla massa dell’oggetto. Più è grande e pesante l’oggetto, insomma, maggiore sarà la deformazione.
Qualunque oggetto dotato di massa e/o energia può generare onde gravitazionali, che generalmente sono impercettibili se i corpi non sono davvero molto massicci e non si muovono in maniera estremamente veloce.
Onde gravitazionali come spia di eventi catastrofici avvenuti nell’universo
Nel 2016, gli scienziati affermarono di aver rilevato le onde gravitazionali che sono state prodotte “nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari, in un unico buco nero ruotante più massiccio di circa 62 masse solari. Le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali“.
Per dare un’idea delle forze in gioco, basti pensare che i due buchi neri in questione hanno iniziato a spiraleggiare per poi scontrarsi a una velocità di circa 150.000 km/s, la metà della velocità della luce. E lo scontro in questione non è avvenuto a settembre 2015 ma ben 2 miliardi di anni fa, nello spazio più profondo.
Deformazione dello spazio misurata con l’interferometria
Gli interferometri hanno rilevato una piccola traccia di quell’evento così catastrofico verificatosi nel lontanissimo passato proprio grazie all’utilizzo del laser, “sparato” su lunga distanza.
Per accorgersi della riduzione dello spazio fra due punti prestabiliti, gli studiosi hanno evidentemente utilizzato la luce, un metro di misura che non può ingenerare errori.
Se lo spazio si dilata, infatti, la luce impiega più tempo per raggiungere il punto di destinazione mentre se lo spazio si restringe, evidentemente, la luce impiegherà meno tempo.
Inviando un fascio laser tra due punti distanti chilometri lungo un tunnel, all’arrivo dell’onda gravitazionale, si registra una dilatazione dello spazio in una direzione ed una contrazione nell’altra.
Il segnale rilevato, come detto, è praticamente impercettibile sebbene generato in passato da fenomeni estremamente potenti (scontro tra buchi neri).
Si immagini un righello lungo 1023 metri; su tale righello si dovrà rilevare una variazione infinitesimale (bastoncino lungo mille miliardi di miliardi di metri; variazione pari a 5 millimetri).
Lo stesso Einstein si era dichiarato scettico circa una possibile futura rilevazione delle onde gravitazionali trattandosi di segnali estremamente deboli.