La tecnologia “Native Client” entra a far parte della più recente versione del browser Chrome, al momento ancora in fase di sviluppo e di testing. Si tratta di un ambizioso progetto al quale stanno lavorando i tecnici del gigante di Mountain View che mira a ridurre od addirittura azzerare il divario tra le applicazioni web e quelle interamente operanti sul singolo personal computer.
Con “Native Client”, Google desidera rendere possibile l’esecuzione di codice nativo x86 all’interno di un browser web senza però far pagare lo scotto in termini di sicurezza. Speciali strumenti di programmazione ed un sistema di monitoraggio integrato in “Native Client” sono stati studiati per mettere in sicurezza lo storicamente rischioso processo legato al download di codice eseguibile dalla rete Internet.
E’ la versione 4.0.220.1 di Google Chrome, come conferma Jonathan Conradt – ingegnere della società fondata da Larry Page e Sergey Brin -, a portare per la prima volta “Native Client” in ambiente Windows.
Sin dall’inizio dell’anno Google aveva cercao di raccogliere l’interesse degli sviluppatori e degli esperti di sicurezza attorno al progetto “Native Client” con l’intento di indurli a verificare quanto fosse solida “l’infrastruttura” sino ad allora realizzata.
“Native Client” diventa quindi veicolo per far progredire i servizi web dell’azienda: l’intento sembra essere quello di offrire applicazioni web sempre più complesse, in grado di competere con i più famosi software commerciali, pur funzionando completamente da browser e risiedendo “fisicamente” su server remoti.