Secondo gli esperti, i computer quantistici non saranno in grado di superare quelli tradizionali almeno per i prossimi 5-10 anni. E ciò nelle elaborazioni che hanno a che vedere con calcoli specifici, del tutto impraticabili ricorrendo l’informatica classica. Abbiamo visto, infatti, quali problemi i computer quantistici possano risolvere.
Il rumore e gli errori sono tra i principali problemi che gli esperti incontrano quando devono eseguire elaborazioni ricorrendo ai moderni computer quantistici. I fenomeni indesiderati che possono influenzare la “bontà” dei calcoli sono spesso attribuiti alla natura stessa dei qubit e sono la diretta conseguenza di effetti quantistici ampiamente noti.
Fattori che influenzano negativamente il comportamento dei computer quantistici
Fattori ambientali come le fluttuazioni di temperatura e le interferenze elettromagnetiche possono disturbare il sistema quantistico e portare a errori di misura o a perdita di coerenza. Alcuni errori possono derivare anche da difetti o imperfezioni nella costruzione dei qubit o nelle operazioni di controllo. Inoltre, il fenomeno dell’entanglement, fondamentale per sfruttare le potenzialità dei computer quantistici, può essere sia desiderato che indesiderato. L’entanglement indesiderato tra i qubit può portare a errori di elaborazione rendendo complesso controllare e manipolare i dati quantistici.
Il problema del rumore e degli errori rappresenta una sfida significativa nella realizzazione di computer quantistici scalabili e affidabili. La comunità scientifica e le aziende del settore stanno lavorando attivamente per affrontare questa sfida e migliorare la qualità e l’affidabilità dei computer quantistici, al fine di raggiungere livelli di prestazioni sempre più elevati.
I ricercatori dell’IBM Quantum di New York, congiuntamente con i collaboratori dell’Università della California (Berkeley) e del Lawrence Berkeley National Laboratory, hanno appena spiegato sulla rivista Nature di aver compiuto importanti progressi. Un computer quantistico IBM a 127 qubit è riuscito a sviluppare senza errori un’elaborazione di grande interesse per i fisici quando un supercomputer, chiamato a svolgere lo stesso computo, non è riuscito nell’intento.
Una vista interna del criostato che raffredda IBM Eagle, un sistema quantistico su scala industriale contenente 127 qubit (fonte: IBM Research).
Mitigazione degli errori quantistici
Nel caso concreto descritto da IBM e dal team di esperti accademici, non è tanto importante il problema brillantemente risolto con il computer quantistico. È invece molto più importante il traguardo raggiunto nell’attenuazione dell’errore quantistico.
Big Blue ha infatti messo in pratica con successo una nuova tecnica per ridurre il rumore che accompagna il calcolo quantistico. I ricercatori IBM hanno aumentato in modo controllabile il rumore nel circuito quantistico per ottenere paradossalmente risposte ancora più rumorose e meno accurate. Hanno poi estrapolato i dati e stimato la risposta che il computer avrebbe ottenuto se non ci fosse stato rumore. In questo modo è stato possibile comprendere in maniera più puntuale come il rumore colpisce negativamente i circuiti quantistici ed effettuare previsioni sull’output. La tecnica è stata battezzata zero noise extrapolation (ZNE).
Il concetto e l’approccio utilizzati da IBM sono illustrati in maniera molto chiara in questo video pubblicato su YouTube dal team di IBM Research.
Più i qubit sono “intrecciati” tra loro (lo stato di alcuni dipende dallo stato di altri…), maggiore è l’effetto negativo che introduce il rumore sulle elaborazioni. Inoltre, calcoli che coinvolgono un insieme di qubit possono introdurre errori casuali in altri qubit non direttamente interessati.
Avete presente le memorie ECC che integrano la correzione degli errori? Ecco, gli scienziati di IBM contano di poter utilizzare un concetto simile introducendo qubit extra per monitorare gli errori in modo che possano essere corretti. Arrivare a ottenere una fault-tolerant error correction scalabile rappresenta però un’enorme sfida ingegneristica che resta comunque ancora tutta da dimostrare all’atto pratico.
I ricercatori preferiscono comunque muoversi usando i proverbiali piedi di piombo. Ci vorrà del tempo per verificare se l’approccio ZNE proposto da IBM avrà successo con un ampio ventaglio di applicazioni pratiche.
L’immagine in apertura è realizzata da IBM Research.