Durante il CES 2025 di Las Vegas si sta in questi giorni festeggiando un evento importante. 40 anni fa, durante il CES del 1985, veniva presentato il Commodore 128, ultimo baluardo dell’era 8 bit. Il lancio avvenne in un mercato ormai dominato dai PC a 16 bit, trainati dal processore Intel 8086 risalente al 1978.
Il Commodore 128, successore diretto del leggendario Commodore 64, proponeva evidenti miglioramenti tecnici: il doppio della RAM (128 KB rispetto ai 64 KB del predecessore, da qui il nome prescelto) e una CPU con velocità di clock fino a 2 MHz. Queste migliorie, tuttavia, non bastarono a garantire al sistema un successo paragonabile con quello del C64, che raggiunse il traguardo di 17 milioni di unità vendute. Il Commodore 128 si fermò a qualche milione, principalmente per la mancanza di software che sfruttasse appieno le sue nuove caratteristiche.
Le caratteristiche distintive del Commodore 128
Il sistema presentato nel 1985 era più un’evoluzione incrementale che una rivoluzione: ciò era confermato dalla retrocompatibilità assicurata con il Commodore 64.
Commodore 128 vantava comunque alcune innovazioni interessanti come il supporto dual monitor. Grazie a due chip grafici integrati, il dispositivo permetteva l’uso contemporaneo di due monitor, davvero una rarità per l’epoca. Sebbene le risoluzioni e le capacità grafiche fossero fortemente limitate rispetto agli standard odierni, questa funzione rappresentava un traguardo tecnico straordinario negli anni ’80.
Un’altra prerogativa del Commodore 128 consisteva nella presenza di 2 CPU con il sistema in grado di eseguire CP/M (Control Program for Microcomputers), un sistema operativo sviluppato da Gary Kildall nel 1974 per i microcomputer basati su processori Intel 8080 e Zilog Z80 (il Commodore 128 integrava proprio quest’ultimo). È stato uno dei primi sistemi operativi per PC, progettato per gestire file, dispositivi di input/output e programmi. CP/M era noto per la sua semplicità e portabilità, permettendo a diversi hardware di utilizzare lo stesso software, e ha influenzato profondamente lo sviluppo dei successivi sistemi operativi, come MS-DOS.
Alcuni titoli gaming, come Ultima V di Origin Systems, inoltre, beneficiavano delle migliorie hardware introdotte con il C128, offrendo grafica e funzionalità superiori.
Cosa significa 8 bit?
Il termine 8 bit si riferisce principalmente alla dimensione dei dati che un processore è in grado di gestire in un’unica operazione. Questo concetto ha implicazioni tecniche fondamentali per l’architettura del sistema e il suo funzionamento.
Un chip a 8 bit, come quello presente nel Commodore 128 (il MOS 8502), può elaborare blocchi di dati ampi 8 bit in una sola volta. Ciò significa che i registri interni, che immagazzinano e manipolano i dati, possono contenere fino a 8 bit per operazione.
Questo limite determina anche l’intervallo di numeri interi che la CPU può gestire direttamente: da 0 a 255 (2⁸ valori). Per numeri più grandi, è necessario combinare più operazioni, con un’elaborazione che evidentemente ne risulta rallentata.
Un sistema a 8 bit ha tipicamente un bus dati a 8 bit: quest’ultimo rappresenta il percorso fisico attraverso il quale i dati si spostano tra la CPU, la RAM e gli altri componenti hardware. Nel caso del Commodore 128, il bus dati limitava la velocità e la complessità dei calcoli rispetto ai sistemi più avanzati dell’epoca, come i PC a 16 bit.
L’architettura a 8 bit è spesso associata a una quantità limitata di RAM indirizzabile. Generalmente, un processore a 8 bit può accedere direttamente a 64 KB di memoria (2¹⁶ indirizzi, dove i 16 bit rappresentano l’indirizzo della memoria). Il Commodore 128 superava questa limitazione sfruttando tecniche come il bank switching, che consentivano di gestire i suoi 128 KB di RAM.
Nei sistemi a 8 bit, anche le capacità grafiche e sonore erano strettamente legate alla tecnologia dell’epoca. I chip grafici e sonori erano progettati per gestire dati a 8 bit, limitando la risoluzione e il numero di colori, oltre alla complessità delle musiche e degli effetti sonori. Il Commodore 128, con i suoi due chip grafici, offriva miglioramenti rispetto al C64, ma restava vincolato dalle limitazioni dell’architettura.
In un altro articolo abbiamo descritto nel dettaglio cosa significa il passaggio dagli 8 bit ai 64 bit, registrato nel corso di alcuni decenni.
Eredità e collezionismo. L’arrivo dei PC a 16 e 32 bit
Il Commodore 128 e le sue varianti (128D e 128DCR) sono oggi oggetti da collezione, apprezzati dagli appassionati di retrocomputing. Sebbene la macchina non abbia segnato una svolta nell’industria, rappresenta un’elegante chiusura dell’era degli 8 bit, offrendo il “meglio possibile” per quello “standard tecnologico”.
Gli 8 bit hanno reso possibile la produzione di computer economici e accessibili, come il Commodore 64, lo ZX Spectrum e l’Apple II.
L’Intel 8086, introdotto nel 1978, è uno dei primi processori a 16 bit ampiamente adottati. Il processore ha dato origine all’architettura x86, poi diventata lo standard per i PC e minacciata soltanto oggi da ARM e, in ottica futura, da RISC-V. Nel 1981, IBM lanciò il suo IBM PC, basato sull’8088 (una variante a 8/16 bit dell’8086), segnando di fatto l’inizio dell’era dei PC a 16 bit.
L’architettura x86 passò ai 32 bit con l’Intel 80386 proprio nel 1985, dando vita a una nuova generazione di PC capaci di eseguire applicazioni più complesse, offrire multitasking reale e sistemi operativi più avanzati come Windows 3.1 e GNU/Linux.
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