Cortical Labs, una startup australiana specializzata in bioinformatica, ha annunciato il lancio del CL1, il primo biocomputer commerciale al mondo basato su neuroni umani. L’innovativa piattaforma sfrutta una rete neurale biologica creata con cellule cerebrali coltivate e connesse a un chip di silicio, aprendo nuove frontiere nel settore del calcolo avanzato e dell’intelligenza artificiale.
Una realtà come Cortical Labs non nasce dal nulla: si è fatta conoscere nel 2021-2022 con lo sviluppo di DishBrain, un sistema in cui neuroni coltivati in laboratorio hanno imparato a giocare a Pong in soli 5 minuti, superando le prestazioni delle intelligenze artificiali tradizionali. L’esperimento ha dimostrato la capacità dei neuroni biologici di apprendere in modo rapido ed efficiente, aprendo la strada allo sviluppo del CL1, risultato di oltre 6 anni di lavoro. La società ha inoltre lavorato sul concetto di Minimal Viable Brain, una rete neurale ridotta al minimo indispensabile per consentire applicazioni bioingegneristiche innovative.
Verso la Synthetic Biological Intelligence (SBI) con il primo biocomputer commerciale
CL1 rappresenta un passo fondamentale nello sviluppo della Synthetic Biological Intelligence (SBI), una tecnologia che combina sistemi biologici e ingegneria per realizzare modelli computazionali altamente efficienti. Il cuore del CL1 è costituito da neuroni umani derivati da cellule staminali pluripotenti indotte (iPS cells); una volta coltivati su un substrato di elettrodi in metallo e vetro, formano reti neurali capaci di apprendere e adattarsi.
A differenza dell’intelligenza artificiale tradizionale, che necessita di enormi dataset per l’apprendimento, gli ingegneri di Cortical Labs sostengono che i biocomputer come CL1 siano in grado di effettuare valutazioni complesse con quantità minime di dati.
Caratteristiche tecniche del sistema CL1
Il dispositivo presentato da Cortical Labs, quello che può essere considerato come il “cervello” del biocomputer, ha la forma di un case trasparente di dimensioni simili a quelle di una scatola da scarpe. Il design permette di osservare il sistema di supporto vitale il quale assicura la sopravvivenza e l’attività dei neuroni, consentendo l’operatività del sistema senza la necessità di un computer esterno.
Il sistema neurale principale è costituito da centinaia di migliaia di neuroni distribuiti su 59 elettrodi, in grado di ricevere e trasmettere segnali elettrici. Gli stimoli elettrici inviati agli elettrodi servono per allenare la rete neurale.
Nell’immagine, cellule neurali umane poste su un array di elettrodi sviluppato per stimolare e registrare le attività.
Nel caso di risposte errate vengono inviate scariche elettriche casuali; in caso di risposte corrette il sistema trasferisce schemi elettrici ordinati, favorendo l’apprendimento.
Le unità server possono essere raggruppate in rack da 30 unità, con un consumo energetico complessivo di 850-1000 W per rack. Il pannello frontale è dotato di un display che mostra lo stato del sistema e i parametri di funzionamento. Per la prima versione del suo biocomputer, Cortical Labs richiede circa 35.000 dollari a unità.
Efficienza energetica e potenziali vantaggi rispetto all’AI tradizionale
Uno degli aspetti maggiormente evidenziati nel caso di CL1, consiste nell’efficienza energetica del sistema. Da Cortical Labs si spiega che mentre le GPU e TPU tradizionali richiedono un’enorme quantità di energia per eseguire calcoli complessi, i biocomputer utilizzano quantità minime di energia per eseguire le stesse operazioni, grazie alla loro struttura neurale ottimizzata.
Secondo i portavoce della startup, CL1 ha capacità di ragionamento simili a quelle di piccoli animali come formiche, topi o uccelli, che sono in grado di prendere decisioni rapide senza la necessità di una vasta base di dati.
Brett Kagan, Chief Scientific Officer di Cortical Labs, ha però voluto chiarire che CL1 non possiede coscienza, definendolo un sistema neurale discreto e controllabile. L’obiettivo era quello di mettere a punto e continuare a migliorare un sistema neurale specifico per applicazioni ingegneristiche e scientifiche. Non si tratta di una forma di coscienza, ma di un metodo per studiare e sfruttare l’intelligenza biologica in modo etico e sicuro.
Nell’immagine il direttore scientifico di Cortical Labs, Brett Kagan.
Hon Weng Chong, CEO di Cortical Labs, medico laureato presso l’Università di Melbourne e ricercatore presso la Johns Hopkins School of Medicine, aggiunge che la missione era quella di rendere accessibile un Minimal Viable Brain senza bisogno di hardware o software specializzati. “Con CL1, milioni di ricercatori e innovatori potranno sperimentare le infinite possibilità offerte dall’intelligenza biologica“, osserva.
I dubbi su Cortical Labs CL1
Ci è capitato di leggere commenti sprezzanti rispetto al lavoro svolto da Cortical Labs. In prima battuta, vogliamo sottolineare che di biocomputing si parla ormai, convintamente e con grande interesse, da anni ormai. Posto che è intrinsecamente scorretto mettere a confronto le intelligenze artificiali con l’intelligenza umana, da più parti si guarda all’uso di computer bioibridi come alternativa agli approcci tradizionali. Soprattutto per via dei potenziali benefici sul piano dei consumi energetici.
Alcuni osservatori puntano il dito contro Cortical Labs sostenendo che il biocomputer CL1 sia più di un’operazione di branding che, almeno allo stato attuale, una vera svolta tecnologica. È vero che Cortical Labs sta investendo molto nella promozione di CL1, ma ciò non esclude che la tecnologia sia genuinamente innovativa. La campagna pubblicitaria potrebbe essere necessaria per aumentare la consapevolezza e l’adozione di una tecnologia così nuova e potenzialmente rivoluzionaria.
L’adozione di nuove tecnologie, specialmente quelle così innovative come il biocomputing, richiede tempo. Le grandi aziende potrebbero essere caute nell’adottare tecnologie sperimentali, ma ciò non significa che non siano interessate. Misurare la bontà di una soluzione come CL1 limitandosi solo al fatto che non si hanno ancora riscontri da parte delle più grandi realtà impegnate nel settore dell’AI è un grave errore.
Il problema della programmabilità del biocomputer
La critica che i neuroni coltivati possano imparare rapidamente ma non essere effettivamente programmabili in modo utile è invece un punto importante da considerare nel contesto della soluzione di biocomputing sviluppato da Cortical Labs.
I sistemi biologici, come i neuroni coltivati, presentano una variabilità naturale che può rendere difficile la riproducibilità dei risultati. D’altra parte, però, anche i sistemi di intelligenza artificiale (AI) tradizionali, utilizzano generalmente approcci stocastici piuttosto che deterministici. Lo vediamo nell’articolo sull’intelligenza artificiale spiegata facile.
I neuroni coltivati in vitro presentano una variabilità biologica intrinseca, che include fattori come la crescita cellulare, la differenziazione e le interazioni chimiche. Va detto quindi che tale variabilità è diversa dalla stocasticità introdotta nei sistemi AI che tutti conosciamo, perché legata a processi biologici complessi e meno controllabili.
Da parte sua, comunque, Cortical Labs non solo mette a disposizione un’interfaccia di stimolazione bidirezionale programmabile e un’API Python per dialogare con CL1 ma offre la possibilità di accedere all’utilizzo del biocomputing anche a distanza, in modo che i ricercatori possano svolgere test in piena autonomia.
Credit immagini nell’articolo: Cortical Labs