Il tema è delicatissimo e in passato è stato oggetto di feroci critiche da parte dei detrattori della posta elettronica certificata (PEC), il sistema tutto italiano per attribuire il valore legale di una raccomandata tradizionale con avviso di ricevimento a un’email offrendo allo stesso tempo prova dell’invio e della consegna.
L’antitrust italiana (AGCM, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha deciso infatti di accogliere il ricorso presentato da AssoCertificatori, associazione che raccoglie i fornitori di soluzioni per la firma digitale, per la posta elettronica certificata e per l’attivazione di identità digitale mediante il sistema SPID, censurando il comportamento della società promotrice del servizio tNotice.
Presentato a novembre 2017 e subito diventato parte integrante di una collaborazione con Tiscali (Alternativa alla PEC: tNotice, raccomandata elettronica con pieno valore legale), tNotice veniva descritto come un servizio equivalente alla PEC per l’invio e la ricezione di raccomandate in formato elettronico.
Come si legge a pagina 249 e seguenti del bollettino appena pubblicato da AGCM, dopo un’attenta analisi si è concluso che “in base alla disciplina giuridica nazionale vigente in materia di servizi di posta elettronica certificata e di servizi elettronici di recapito certificato (da ultimo modificata con l’introduzione del comma 1-ter all’interno dell’art. 1 del CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale -), le affermazioni di equivalenza dal punto di vista del valore legale del servizio tNotice rispetto ad altri servizi di posta tradizionale e recapito elettronico devono considerarsi ingannevoli. Difatti, il combinato disposto dell’art. 1, comma 1-ter, e dell’art. 48, CAD, identifica la PEC quale unica modalità telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna, con efficacia dal punto di vista giuridico equivalente alla notificazione a mezzo posta. L’utilizzo ai predetti fini di altro servizio elettronico di recapito certificato “qualificato”, ai sensi dell’art. 44 del Regolamento Eidas, nonché ai sensi del combinato disposto dell’art. 1, comma 1-ter, e dell’art. 48, del CAD, è ammesso solo nel rispetto delle condizioni previste dalla legge ove la stessa lo consenta“. L’antitrust, irrogando una sanzione pari a 7.000 euro conclude che “il servizio denominato tNotice non può, ad oggi, definirsi come un servizio elettronico di recapito certificato qualificato“.
L’azienda fornitrice del servizio tNotice viene invitata a cessare la pratica commerciale scorretta. Vi è comunque la facoltà di presentare ricorso dinanzi al TAR del Lazio entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento.
Il nocciolo della sfida è nel contenuto dell’articolo 1-ter del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) che prevede quanto segue: “ove la legge consente l’utilizzo della posta elettronica certificata è ammesso anche l’utilizzo di altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato ai sensi degli articoli 3, numero 37), e 44 del Regolamento eIDAS” consultabile integralmente a questa pagina.
Ed è appunto la presenza nella normativa dell’aggettivo “qualificato” la chiave della decisione dell’antitrust.
L’azienda che ha sviluppato tNotice, tra le varie osservazioni trasmesse all’antitrust, si era difesa sostenendo che “(…) l’attuale PEC e i servizi tNotice sono, senza alcun dubbio, entrambi “servizi elettronici di recapito certificato”, ed entrambi non qualificati; ambedue
godono, quindi, degli effetti giuridici previsti dall’art. 43, co. 1, del Regolamento eIDAS. Pertanto, la PEC, in assenza di qualificazione ex art. 29, co. 1, del CAD è da considerare un servizio elettronico di recapito certificato al pari di tNotice“. Sosteneva inoltre che “l’abrogazione dell’art. 48 del CAD a far data dal 1° gennaio 2019, inoltre, rappresenta l’ulteriore conferma che la PEC non può essere considerata lo strumento esclusivo idoneo a garantire la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna“.