Cellulari e tumori: i risultati di uno studio durato 28 anni

Lo studio commissionato dall'OMS, durato 28 anni, conclude che non esiste correlazione tra l'uso prolungato di smartphone e il rischio di insorgenza di tumori cerebrali. Nonostante le preoccupazioni iniziali sollevate nel 2011 da IARC, la revisione sistematica ha evidenziato che le radiazioni emesse dagli smartphone sono considerate di bassa intensità e rientrano nei limiti di sicurezza.

L’argomento telefoni cellulari e tumori ha suscitato un acceso dibattito per diverse ragioni, che vanno dalla preoccupazione per la salute pubblica a questioni legate alla disinformazione e al progresso tecnologico. Alcuni studi iniziali suggerivano una possibile associazione tra l’uso prolungato dei telefoni cellulari, compresi i moderni smartphone, e l’insorgenza di tumori cerebrali, generando forte preoccupazione nell’opinione pubblica. Questa incertezza ha alimentato il dibattito e sottolineato la necessità di ulteriori indagini.

Un’analisi recentemente pubblicata su ScienceDirect, mette un punto su una questione che si protraeva da decenni e chiarisce che non esiste correlazione tra l’uso dei telefoni cellulari e i tumori cerebrali. La conclusione arriva a valle di indagini svoltesi lungo una finestra temporale ampia 28 anni, dal 1994 al 2002.

Telefoni cellulari e il rischio di tumori cerebrali: i risultati di un’analisi sostenuta da 28 anni di ricerca

Nel 2011, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) classificò l’esposizione alle onde radio come “possibilmente carcinogenica“. Tuttavia, la valutazione si basava su precedenti studi basati sulla mera osservazione: essi suggerivano che i pazienti con tumori cerebrali utilizzavano i telefoni cellulari per lunghi periodi di tempo. Ciò ha portato a un certo bias nei risultati, ovvero all’introduzione di pregiudizi o distorsioni nelle conclusioni degli studi analizzati. In altre parole, i risultati ottenuti non riflettevano accuratamente la realtà dei fatti a causa di fattori esterni o di metodologie di ricerca che hanno influenzato in modo non neutro i dati raccolti.

Su commissione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il professor Ken Karipidis (Australian Radiation Protection and Nuclear Safety Agency, ARPANSA) ha condotto una revisione sistematica esaminando oltre 5.000 studi e concentrandosi su quelli pubblicati nel periodo di riferimento.

I dati della revisione condotta da Karipidis e dai suoi colleghi indicano che l’uso prolungato dei telefoni cellulari non ha mostrato alcuna associazione con l’insorgenza di tumori. Le onde radio emesse dai telefoni cellulari sono considerate di bassa intensità e rientrano nei limiti di sicurezza stabiliti dalle normative internazionali.

Nonostante l’aumento dell’uso della tecnologia wireless, l’incidenza dei tumori cerebrali è rimasta relativamente stabile nel tempo. Ad esempio, in Australia, i tassi di incidenza di tumori cerebrali si sono mantenuti attorno agli 8 casi per 100.000 uomini e 5-6 casi per 100.000 donne dal 1982 al 2014.

I risultati dello studio OMS più nel dettaglio

Negli ultimi decenni, l’uso crescente dei dispositivi wireless ha sollevato preoccupazioni riguardo alla possibile associazione tra l’esposizione a campi elettromagnetici da radiofrequenza (RF-EMF) e il rischio di neoplasie.

La validità interna di ciascuno studio esaminato da Karipidis e da altri 10 ricercatori del BfS e dell’IMBEI tedeschi, dal College of Medicine degli Emirati Arabi, dall’istituto di epidemiologia e biostatistica neozelandese, dal Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia), dalla NOVA Medical School portoghese, dall’Istituto Superiore di Sanità italiano (Roma), è stata valutata utilizzando uno strumento di valutazione del rischio di bias (RoB) appositamente adattato.

Le analisi di sensibilità per il rischio di glioma e meningioma in relazione all’uso del telefono cellulare hanno mostrato risultati robusti, non influenzati da variazioni negli aggregati di studio. I risultati delle meta-analisi eseguite escludendo studi influenti, hanno dimostrato una significativa riduzione del rischio relativo (mRR) per l’uso del telefono cellulare.

Inoltre, le simulazioni di tendenze temporali hanno fornito ulteriori prove che gli aumenti di rischio osservati in alcuni studi caso-controllo erano incompatibili con le tendenze di incidenza reali dei tumori nel lungo periodo.

Le conclusioni

Lo studio appena reso di pubblico dominio formula una conclusione finale per ciascuna combinazione esposizione-risultato, tenendo conto della qualità delle evidenze e della coerenza con le simulazioni di tendenze temporali. I risultati chiave sono i seguenti:

  • Esposizione RF-EMF da telefoni cellulari: Evidenze di certezza moderata suggeriscono che non aumenta il rischio di tumori critici negli adulti.
  • Esposizione da telefoni cordless: Evidenze di bassa certezza suggeriscono che potrebbe non aumentare il rischio di tumori.
  • Esposizione da trasmettitori fissi: Certezza moderata che non aumenta il rischio di leucemia infantile.

È importante notare che la valutazione dell’evidenza riguardo ai tumori cerebrali pediatrici in relazione all’esposizione ambientale a RF da trasmettitori fissi deve essere interpretata con cautela, a causa del numero limitato di studi presi in esame.

Le radiazioni emesse dagli smartphone

Quando si parla di radiazioni emesse da smartphone, dagli altri dispositivi wireless e, ad esempio, dalle antenne della telefonia mobile, si fa riferimento alle radiazioni elettromagnetiche. Queste radiazioni possono essere suddivise in diverse categorie in base alla loro frequenza e lunghezza d’onda, e nel caso dei telefoni cellulari, si utilizzano principalmente le onde radio.

Nell’articolo in cui spieghiamo quali e quante radiazioni emette uno smartphone abbiamo detto che le onde radio utilizzate dalle reti di telefonia mobile rientrano nel campo delle radiofrequenze (RF), che coprono una gamma di frequenze da circa 3 kHz fino a 300 GHz. Gli smartphone comunemente operano su bande di frequenza tra 700 MHz e 28 GHz in Italia (ne parliamo nell’articolo su 5G e salute; per le comunicazioni WiFi, com’è noto, si parla di 2,4, 5 e 6 GHz).

Le radiazioni RF emesse dai cellulari e dalle antenne sono considerate non ionizzanti, il che significa che non hanno sufficiente energia per rimuovere elettroni dagli atomi o dalle molecole. Questo le differenzia dalle radiazioni ionizzanti (come i raggi X e le radiazioni gamma), che possono avere effetti biologici più significativi.

Altri studi recenti confermano che l’assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche può provocare un riscaldamento dei tessuti biologici. Tuttavia, un lieve aumento della temperatura entro i limiti normativi non è stato associato a rischi potenziali.

Credit immagine in apertura: iStock.com – SIphotography

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