Lo standard di connessione per i display di nuova generazione si chiama DisplayPort 2.1: promettendo prestazioni senza precedenti, con una larghezza di banda massima di 80 Gbps (UHBR20), si tratta dell’unico standard consumer in grado di supportare monitor 4K a 240 Hz senza compressione dei dati (Display Stream Compression, DSC). Tuttavia, nonostante le enormi potenzialità, l’adozione di DisplayPort 2.1 sta incontrando diversi ostacoli, a vari livelli.
DisplayPort 2.1 e il problema della lunghezza dei cavi
Una delle principali criticità di DisplayPort 2.1 riguarda la lunghezza massima dei cavi certificati DP80 (UHBR20). Secondo il database VESA, la lunghezza massima attualmente consentita per questi cavi è di soli 1,2 metri, con molti cavi che arrivano a 1 metro o addirittura non superano gli 80 centimetri.
Queste lunghezze sono estremamente limitate per la maggior parte delle configurazioni desktop. In questi casi, infatti, il PC è di solito posizionato a terra mentre il monitor si trova sulla scrivania: sono richiesti cavi lunghi almeno 2 metri.
Un’ulteriore complicazione deriva dalla frammentazione delle specifiche all’interno dello standard DisplayPort 2.1. Infatti, oltre a UHBR20 (DP80) – che offre la larghezza di banda massima di 80 Gbps – esistono anche le specifiche UHBR13.5 (DP54) a 54 Gbps e UHBR10 (DP40) a 40 Gbps. Tutte sono raggruppate sotto l’ombrello DisplayPort 2.1, portando a una grande variabilità nelle prestazioni effettive. Ad esacerbare la situazione, il fatto che non esistano ancora cavi certificati DP54.
L’adozione lenta nelle schede video e nei monitor
L’adozione di DisplayPort 2.1 (in un altro articolo parliamo delle differenze tra le versioni di DisplayPort) da parte dei produttori è al momento andata piuttosto al rallentatore. Nel mondo delle GPU, soltanto le schede AMD RDNA 3 RX7000 supportano DP54, mentre le schede professionali W7900 aggiungono una singola porta DP80.
L’offerta Intel Arc Alchemist è limitata a DP40, mentre NVIDIA ha deciso di non implementare DP2.1 sulle sue GPU Ada Lovelace RTX 40. Sul fronte dei monitor, l’unico display attualmente disponibile, capace di garantire pieno supporto DP80 è il Gigabyte Aorus FO32U2P, un nuovo OLED 4K a 240 Hz appena lanciato sul mercato.
Per aggirare le restrizioni in termini larghezza di banda, molti produttori si stanno affidando alla compressione dei dati. Sebbene DSC permetta di raggiungere risoluzioni e frequenze di aggiornamento elevate, comporta una perdita di qualità dell’immagine e alcune limitazioni, come la disabilitazione del supporto DSR sulle GPU NVIDIA.
DSR (Dynamic Super Resolution) è una tecnologia sviluppata da NVIDIA che consente di eseguire il rendering a risoluzioni più elevate. La tecnica, simile all’supersampling, permette di ottenere immagini più nitide e dettagliate, riducendo gli artefatti.
Le prospettive future per migliorare l’implementazione di DisplayPort 2.1
VESA e i produttori di cavi stanno lavorando per aumentare la lunghezza massima dei cavi DP80 oltre gli attuali 0,8-1,2 metri, anche attraverso l’utilizzo di cavi attivi anziché passivi in rame. Questa soluzione potrebbe però comportare un aumento dei costi.
Nel frattempo, per DP40 c’è disponibilità di cavi certificati fino a 3 metri, mentre DP54 dovrebbe consentire lunghezze di 2 metri, offrendo un compromesso accettabile.
Mentre le risoluzioni e le frequenze di aggiornamento dei display continuano a crescere, gli standard precedenti come DisplayPort 1.4a non saranno più in grado di gestire le nuove tecnologie senza ricorrere alla compressione dei dati. L’adozione di DisplayPort 2.1 sarà quindi fondamentale per sfruttare appieno le potenzialità dei futuri monitor di fascia alta.
Credit immagine in apertura: iStock.com – Nataliia Yankovets