Ogni dispositivo che trasmette su radiofrequenze deve adeguarsi a limiti ben precisi che sono definiti dalle normative vigenti. Nel caso dei dispositivi che integrano moduli WiFi, per esempio, non si possono superare i 20 dBm/100 mW EIRP sulle frequenze dei 2,4 GHz (vedere questa pagina per le altre limitazioni RadioLAN e HiperLAN). Negli Stati Uniti è permesso trasmettere con potenze maggiori, fino a 30 dBm/1 W EIRP anche per quanto concerne le normali reti WiFi.
Per approfondire, suggeriamo di dare un’occhiata all’articolo Router region, differenze tra le impostazioni regionali in cui vi spieghiamo quanto conta (e parecchio…) l’impostazione del router che permette di definire la nazione in cui il dispositivo viene effettivamente utilizzato.
INRIA (Istituto nazionale per la ricerca nell’informatica e nell’automazione) è un istituto francese che si occupa di ricerca sui temi dell’informatica, dell’automazione e della matematica applicata.
Nei giorni scorsi, sul Play Store di Google, è stato pubblicato un aggiornamento dell’app battezzata ElectroSmart.
Completamente gratuita, ElectroSmart – a detta degli autori – si occupa di rilevare in maniera abbastanza precisa il livello di esposizione elettromagnetica attorno allo smartphone.
Ci sentiamo di osservare che i risultati forniti da app del genere vanno presi un po’ con le pinze. Non è evidentemente possibile paragonare un’applicazione per smartphone a un analizzatore di RF (Radiofrequency) e ELF (Extremely low frequency), soprattutto se di tipo professionale.
Anche gli strumenti più semplici consentono di misurare l’elettrosmog esaminando i contributi relativi a trasmissioni fuori banda mentre un’app come ElectroSmart non può che limitarsi a misurare (peraltro in modo approssimativo) WiFi, Bluetooth, GSM, CDMA, 3G/4G, una porzione quindi piuttosto limitata dello spettro.
Prendendo i risultati con le dovute precauzioni, ElectroSmart ci pare comunque un’app utile perché aiuta gli utenti a capire quali sono le fonti più rilevanti in termini di emissione elettromagnetiche.
Si capirà, quindi, che nella maggior parte delle situazioni non è il ripetitore della telefonia mobile a offrire l’apporto maggiore in tal senso ma sono invece quei dispositivi che si tengono più a stretto contatto con il proprio corpo.
Come abbiamo più volte ricordato (vedere ad esempio l’articolo WiFi non fa male alla salute: nuove evidenze scientifiche), la distanza dalla fonte emissiva gioca un ruolo essenziale.
Basti tenere a mente che se un router trasmette con una potenza pari a 100 mW (0,1 W), a distanza di due metri si assorbiranno appena 0,025 Watt; a quattro metri 0,00625 Watt e così via. Viene infatti applicata la legge dell’inverso del quadrato (così come nel caso della luce, del suono, della gravità). La formula da applicare è molto semplice: 1/d2 dove d è la distanza dalla fonte emissiva.
La tendenza, come nel caso del 5G, è quella di ridurre le potenze in gioco utilizzando invece al meglio le risorse. L’importante è utilizzare la tecnologia senza inutili allarmismi e rendersi conto dei valori in gioco: la stessa app ElectroSmart a breve distanza da un router mostra ad esempio un valore di potenza pari a 600 nW cioè 0,0006 mW.
Preferiamo evitare commenti, rimandando ulteriori considerazioni a un articolo di approfondimento, sulle soluzioni proposte dall’app (specie perché trattasi di un’app promossa da INRIA). Maggiori informazioni a questo indirizzo.