Un fastidiosissimo bug sembra affliggere – almeno da cinque mesi – gli utenti di Spotify, popolare servizio musicale che offre lo streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche ed etichette indipendenti, che hanno installato il client per Windows, Linux o macOS.
Spotify sembra aver preso d’assalto i dispositivi di storage degli utenti – hard disk o unità SSD – scrivendo decine o, addirittura, centinaia di gigabyte di dati nella sua cartella.
Il comportamento anomalo sembra verificarsi quando l’applicazione è in idle ovvero quando l’utente non la sta utilizzando e non è in corso alcuna memorizzazione di brani musicali in locale.
Alcuni utenti hanno scoperto di avere un ridotto spazio disponibile sul disco fisso o su SSD e, ricorrendo a qualche utilità per scoprire quale applicazione sta occupando di più l’unità di memorizzazione (vedere ad esempio gli articoli Come liberare spazio su disco e Aumentare spazio su disco, come fare?), è stato molto semplice scoprire il responsabile, Spotify appunto.
Non è fuori luogo ritenere che Spotify possa aver contribuito a ridurre la vita delle unità SSD sulle quali è installato. Una mole di dati così importante, continuamente scritta su SSD, può essere una causa del progressivo “deterioramento” di un’unità a stato solido anche se, con i prodotti più moderni, uno dei fattori che può portare più frequentemente a problemi è più l’età che il numero di scritture (vedere SSD guasto, come sapere quando sta per morire).
Spotify sembra comunque finalmente aver preso in carico le segnalazioni degli utenti e sta rilasciando la versione 1.0.42, esente dal bug.
Suggeriamo quindi agli utenti di verificare l’utilizzo della release 1.0.42 o successive, indipendentemente dal sistema operativo installato.