Non è un buon periodo per Facebook che inizia a mostrare alcune carenza, non soltanto a livello borsistico dove la quotazione del titolo ha recentemente toccato i minimi storici. Ogni azione del social network fondato da Mark Zuckerberg vale infatti, sul listino del NASDAQ, appena 21 dollari (vedere il grafico aggiornato), molto meno rispetto alla quotazione iniziale (il 18 maggio scorso gli investitori hanno speso 38 dollari per accaparrarsi una singola azione dell’azienda).
Oggi, a posteriori, paiono quindi fondati i dubbi espressi da coloro che tempo fa (vedere la notizia È suonata la campana: Facebook è già in borsa) espressero ben più di una riserva nell’acquistare le azioni del sito in blu.
Il celeberrimo magazine statunitense TIME si è recentemente chiesto, addirittura, se non sia giunto il momento per Mark Zuckerberg di farsi da parte e di lasciare la sua poltrona di CEO all’interno di Facebook. Qualcuno comincia ad auspicare un segnale di rottura che permetta agli investitori di rivedere quelle stime negative, sul futuro di Facebook, che adesso paiono prevalere.
Dicevamo che i problemi di Facebook non sono soltanto borsistici. Il social network, infatti, soddisferebbe le esigenze dei suoi iscritti in misura minore rispetto al passato. L’American Customer Satisfaction Index cita un giudizio globale dell’utenza pari a 61/100 mentre Google+, il social network rivale, avrebbe fatto evidenziare un risultato migliore: 78/100.
Da un documento che è stato presentato nel corso di questa settimana alla U.S. Securities and Exchange Commission – l’ente statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori -, inoltre, emerge come ben 83 milioni (su 955 milioni) di utenti registrati siano falsi. Si tratterebbe di profili di fantasia, duplicati, associati ad animali domestici o comunque non ad un individuo, creati per scopi meramente commerciali oppure offensivi.
I vertici di Facebook hanno promesso che, nelle prossime settimane, sarà condotta una dura battaglia contro coloro che creano tali profili: gli utenti falsi, infatti, danneggiano l’immagine del social network e, nell’ottica del business aziendale, danneggiano i rapporti della società con gli inserzionisti.