Le modifiche contrattuali proposte ma di fatto “imposte” da tutti i principali operatori di telecomunicazioni (TIM, Vodafone, Wind Tre e Fastweb) oltre che, di recente, anche dalla pay-TV Sky, hanno fatto infuriare i clienti e le associazioni dei consumatori.
Da un lato AGCOM, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, avrebbe già avviato una serie di procedimenti sanzionatori ma dall’altro il vantaggio economico di cui hanno sino ad oggi beneficiato (e continuano a beneficiare) gli operatori sarebbe quantificabile in almeno 1,2 miliardi di euro (cifra che esclude le SIM con piano ricaricabile).
In Commissione Bilancio del Senato è stato depositato ieri un emendamento al decreto fiscale che anticipa la legge di bilancio. L’obiettivo è quello di obbligare tutte le aziende fornitrici di servizi e utenze a fatturare su base mensile e non più emettendo bollette che si riferiscono a quattro settimane di abbonamento.
Chi infrange la norma sarebbe soggetto a sanzioni e verrebbe anche previsto il raddoppio delle multe irrogabili dall’AGCOM: da un minimo di 500mila euro a un massimo di 5 milioni di euro.
Sono anche previsti indennizzi minimi a forfait del valore minimo di 50 euro per ogni singolo abbonato.
Va detto, però, che sempre che il provvedimento venga approvato nulla avrà valore retroattivo quindi difficilmente gli utenti potranno ricevere e ottenere dei rimborsi.
Asstel, associazione di categoria che rappresenta le imprese della tecnologia dell’informazione esercenti servizi di telecomunicazione fissa e mobile, sostiene che la migrazione alla fatturazione sui 28 giorni sarebbe una pratica legittima essendo una componente dell’offerta commerciale e della libertà d’impresa ogniqualvolta il cliente è correttamente informato circa la modifica delle condizioni contrattuali.
Le società di telecomunicazioni (in primis TIM e Wind Tre) starebbero invece provando a “negoziare” con il Governo tentando di ottenere la sospensione del diritto di recesso gratuito.