Si è svolto ieri, presso la Camera dei Deputati, il convegno “Verso una costituzione per Internet?“. Tema principe della discussione erano le proposte di istituzioni e cittadini per la stesura di una carta dei diritti digitali (questo il sito ufficiale dell’iniziativa).
Nel discorso di apertura, il presidente della Camera Laura Boldrini ha posto l’accento sulla necessità di lavorare su un testo condiviso che possa normare gran parte delle attività espletate in Rete. La Boldrini ha escluso qualunque soluzione “chiusa” e immodificabile immaginando piuttosto un compendio di regole in continua evoluzione, capace di adattarsi alla “velocità” ed all’immediatezza del mondo a cui si riferirebbero.
Sempre secondo il presidente della Camera, lasciare la rete Internet senza regole “non è affatto garanzia di libertà, ma spesso affermazione di prepotenza“. Auspicando quindi, di nuovo, una regolamentazione della Rete, la Boldrini ha poi affermato: “stiamo imparando a doverci guardare, oltre che dall’invadenza degli Stati, anche da quella dei nuovi giganti della comunicazione digitale, che all’insegna dell’apparente gratuità entrano nelle nostre vite e le controllano. (…) Dare regole è essenziale inoltre per tutti quei gruppi sociali che oggi troppo spesso in rete si sentono messi sotto scacco, maltrattati, obbligati alla resa o alla fuga. Penso alle minoranze oggetto di campagne di disprezzo e di odio; penso a noi donne, che talvolta dobbiamo accettare un tasso insopportabile di violenza, volgarità, oscenità; penso a ragazze e ragazzi che hanno purtroppo dovuto imparare il significato di una parola nuova, il cyberbullismo e le sue conseguenze. È anche per loro, per queste fasce più vulnerabili della cittadinanza, che la rete deve incrementare la sua capacità di inclusione, che non ha nulla a che vedere con la censura“.
Il tema sul quale è intervenuta la Boldrini è estremamente delicato e sarebbe, forse, pericoloso pensare di poter applicare leggi speciali alla rete Internet.
In passato, l’ex Garante Privacy Stefano Rodotà ha più volte sottolineato come piuttosto il problema sia culturale. La scuola dev’essere in grado d’insegnare che le regole da seguire nella vita di tutti i giorni si applicano anche all’online. Il “linguaggio dell’odio” di cui tanto si parla e di cui la Rete, in particolare “il web”, farebbe da cassa di risonanza richiede indubbiamente attenzione “ma non leggi speciali, piuttosto un’azione culturale a partire dalle scuole“.
Già un anno fa Rodotà spiegava che: “i comportamenti tenuti in Rete in violazione di tutte una serie di norme sono puniti con le stesse regole tradizionali che consentono di intervenire per i reati di diffamazione. Vi è solo la difficoltà di identificare la persona che ha messo in rete insulti o ingiurie, quindi non servono leggi speciali ma strumenti più efficienti per perseguire questo tipo di reato“.
Per quanto riguarda la regolamentazione delle attività dei “giganti del web”, è importante evidenziare che provvedimenti tesi a rivedere il concetto di “intermediario della comunicazione” sarebbero totalmente fuori luogo. Piuttosto, gli uffici dei Garanti di tutto il mondo stanno da tempo correttamente esercitando una costante azione di controllo tesa a verificare che i diritti degli utenti siano rispettati.
Una “burocratizzazione della Rete” avrebbe come effetto collaterale quello di frenare gli investimenti digitali nel nostro Paese. Le leggi che servono già ci sono e sono in vigore. Non ne servono altre. Piuttosto è fondamentale lavorare sull’aspetto culturale, sull’alfabetizzazione informatica, sulle competenze professionali.