Il prossimo 20 settembre uscirà su Netflix un docu-film interamente dedicato a Bill Gates: dal titolo “Inside Bill’s Brain: Decoding Bill Gates“, si tratta di un lavoro che mette sotto la lente la vita e le “imprese” del fondatore di Microsoft, dai successi più travolgenti fino alle più cocenti sconfitte.
Sì perché Gates è stato il primo miliardario dell’industria del personal-computing all’età di 31 anni. Negli anni ’90 è stato accusato di aver messo un freno alla libera concorrenza mentre oggi, all’età 63 anni e 19 anni dopo aver lasciato la carica di CEO di Microsoft, è noto le enormi ricchezze accumulate durante decenni ma, allo stesso tempo, per gli sforzi nel cercare di trovare soluzione a problemi ancora ingestibili a livello globale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Diretto da Davis Guggenheim, “Inside Bill’s Brain: Decoding Bill Gates” è suddiviso in tre episodi: ciascuno di essi collega capitoli della storia personale di Gates al lavoro che il miliardario sta svolgendo con la Bill & Melinda Gates Foundation la cui attività è incentrata su diversi progetti filantropici.
La mini-serie prodotta da Netflix descrive anche il lato umano di Gates abbinando sequenze video che lo ritraggono in famiglia o nella vita privata agli interventi pubblici più e meno noti.
L’ottimismo di Gates è stata la chiave del suo successo ed è lui stesso a rimarcarlo spiegando che senza vedere positivamente ogni problema nessuno, a suo avviso, può essere in grado di superare le più gravi difficoltà.
“Inside Bill’s Brain: Decoding Bill Gates” racconta i sogni, le aspettative, gli obiettivi dell’ex numero uno di Microsoft, ancora oggi amministratore delegato onorario della società che ha fondato con Paul Allen nel 1975.
Tutto iniziò infatti con un accordo siglato con Tim Paterson, programmatore, ingegnere e progettista che realizzò QDOS (Quick and Dirty Operating System) che Allen (deceduto ad ottobre 2018) volle fortemente: l’obiettivo consisteva nel risolvere il problema dell’indisponibilità di un sistema operativo compatibile con la nuova architettura x86 di Intel.
La licenza di QDOS costò all’allora Micro-Soft (con il “trattino” nel nome) circa 75.000 dollari ma fu proprio grazie all’intesa strappata da Allen che l’azienda poté fornire il primo sistema operativo DOS a IBM e gettare le basi per quello che sarebbe divenuto un vero e proprio impero.
La docu-serie ha impegnato lo stesso Bill Gates per ben due anni: tanto ha richiesto la realizzazione del progetto. Quello che ne esce, tuttavia, è uno spaccato a tuttotondo sulla vita e sulle realizzazioni, anche quelle all’apparenza più stravaganti, del fondatore di Microsoft.
I filmati presentati cominciano col fotografare la giovinezza di un ragazzo di Seattle ostinato e intelligente per arrivare alle attività che Gates sta portando innanzi al fine di combattere la diffusione di patologie spesso mortali. Sì, si parla anche del “bagno evoluto” messo a punto dalla sua fondazione che si ispira a concetti e tecnologie già utilizzati dagli astronauti in alcune missioni spaziali al fine di recuperare i liquidi e supplire alla carenza di sistemi fognari e di depurazione nei Paesi in via di sviluppo. Si parla del contrasto alla poliomielite e in generale delle attività filantropiche svolte nel corso degli ultimi decenni.
Un’ampia parte della serie è dedicata alla battaglia legale in materia di antitrust che Gates ha sostenuto negli Stati Uniti. Il filmato che ritrae la deposizione resa da Gates viene giudicato imbarazzante dallo stesso protagonista che in un’intervista concessa al Wall Street Journal osserva: “è tutto online. Mio figlio ha guardato ogni minuto e ha detto: Ehi, papà, non pensi che avresti potuto fare un lavoro migliore? Sì, credo che avrei potuto farlo“. Ma Gates, ancora oggi, è certo della cantonata presa dal governo USA che nel 1998 accusò formalmente Microsoft e il suo numero uno di mantenere illegalmente una posizione di monopolio nel mercato dei PC principalmente attraverso le restrizioni legali e tecniche poste capacità dei produttori di PC (OEM) e degli utenti di disinstallare Internet Explorer e utilizzare altri programmi come Netscape.
“Questo non è stato certamente il mio periodo migliore e posso ancora spiegarvi perché il governo si è sbagliato del tutto, ma ormai è acqua passata“, ha dichiarato Gates.
A fine anni ’90 e nei primi anni 2000 l’azienda di cui si parlava di più nel settore IT era probabilmente quasi solo Microsoft, almeno a livello mainstream. E Microsoft è stata ripetutamente oggetto di alcune prese di posizione da parte delle autorità.
Oggi la situazione è divenuta molto più complessa e articolata perché sono nate aziende che fanno business utilizzando i dati degli utenti, incrociando anche le informazioni che provengono da una vasta gamma di dispositivi differenti. E gli uffici dei Garanti Privacy hanno molto più da fare che in passato.
Quando gli viene chiesto se quanto è accaduto oggi a figure come Mark Zuckerberg (con riferimento alle continue verifiche da parte degli enti regolatori) sia simile a ciò che è successo a lui quando era alla guida di Microsoft, Gates afferma che “le preoccupazioni sono legittime“, soprattutto perché oggi la raccolta dei dati è estremamente diffusa e ad ampio raggio toccando molteplici aree della vita dei singoli individui.
Certo è che se da un lato l’azione della Bill & Melinda Gates Foundation è stata e continuerà ad essere preziosissima (la fondazione, la più grande del mondo, è attiva nella ricerca medica, nella lotta all’AIDS e alla malaria, nel miglioramento delle condizioni di vita nel terzo mondo e nell’educazione), l’allontanamento spontaneo di Gates da Microsoft (giugno 2008) – il cui posto fu assunto da Steve Ballmer – non ha permesso all’azienda di avere il polso sui cambiamenti che si stavano registrando.
A settembre 2008, infatti, uscì la prima versione di Android e Microsoft perse un treno davvero importante mancando di far sentire subito la sua voce nel settore “mobile”, allora in stato embrionale. Ed è questo un cruccio dello stesso Gates: Bill Gates fa mea culpa e torna sulle opportunità perse da Microsoft nel settore mobile.
Grazie alla successiva guida di Satya Nadella, che ha preso le redini della società da Ballmer, Microsoft è tornata forte: Microsoft torna ai fasti di un tempo: 850 miliardi di capitalizzazione.
A trainare l’azienda il cloud e i tanti investimenti fatti nel settore dell’opensource e di una visione sempre più aperta. Con Nadella al timone si è capito il valore del software libero, con tanti progetti aperti che sono stati integrati nella piattaforma Microsoft Azure e ne sono diventati, in molti casi, la spina dorsale, nuova fonte di business sia per l’azienda di Redmond che per i suoi clienti.