Già prima dell’avvento delle reti NGA (Next Generation Access, quindi reti in fibra ottica FTTH o miste fibra-rame), si parlava di aree bianche o “a fallimento di mercato” per riferirsi alle aree del Paese digital-divise nelle quali nessun operatore aveva ritenuto remunerativo investire per assicurare ai residenti una connessione a banda larga.
Per restare al passo con gli obiettivi minimi fissati in sede europea, nel 2015 è stato approvato il piano strategico Banda Ultralarga avente come obiettivo quello di sviluppare una rete ultrabroadband sull’intero territorio nazionale.
Attraverso la sua società in-house Infratel Italia, il Ministero dello Sviluppo Economico, ha disposto – con tre bandi di gara aperti a tutti gli operatori di telecomunicazioni – la realizzazione di una rete pubblica a elevate prestazioni nelle aree dove c’era e c’è bisogno di un intervento dello Stato. Con l’avallo dell’Europa si è insomma deciso di partire proprio dalle aree bianche dove le infrastrutture per le telecomunicazioni mancano o sono del tutto inadeguate.
I tre bandi sono stati vinti da Open Fiber che, oltre a investire in autonomia nelle zone d’Italia dove c’è già concorrenza, si è impegnata a realizzare la rete pubblica ultrabroadband nelle aree bianche.
Differenza tra aree bianche, grigie e nere
Sebbene l’asticella sia stata sollevata rispetto al passato (non si fa più riferimento alla generica disponibilità di una ADSL che nel migliore dei casi può offrire al massimo 20 Mbps di banda in downstream ma a soluzioni di connettività che possano assicurare almeno 30 Mbps), la classificazione in aree bianche, grigie e nere è rimasta.
In Italia esistono circa 8.000 comuni ma ogni area del Paese è suddivisa in oltre 94.000 zone diverse. Questa fitta ripartizione a maglie del territorio è stata sfruttata proprio per definire aree bianche, grigie e nere. Nella stragrande maggioranza dei casi, quindi, un intero comune non sarà completamente area bianca (tranne alcuni casi di piccolissime dimensioni) ma sul suo territorio potrebbero insistere (anche) una o più aree bianche.
La seguente distinzione vale per le connessioni a banda larga ma vale anche in ottica NGA:
– Aree bianche (cluster C e D). Le zone geografiche in cui le infrastrutture a banda larga sono inesistenti e nelle quali è poco probabile che verranno sviluppate nel futuro prossimo con interventi di società private (nel caso di NGA nei successivi 3 anni).
La presenza di pozzetti con il logo “BUL” e l’indicazione “Rete pubblica” sono evidente indizio della presenza della rete NGA realizzata da Open Fiber per conto di Infratel e del Ministero dello Sviluppo Economico (esempi fotografici si possono trovare in queste pagine ufficiali).
– Aree grigie (cluster B). Zone nelle quali è presente un unico operatore di rete ed è improbabile che nel prossimo futuro venga insediata un’altra rete.
Si tratta dei casi in cui, ad esempio, è presente soltanto TIM con la sua rete e gli altri operatori che offrono il servizio di connettività si avvalgono delle infrastrutture messe a disposizione dal Gruppo TIM in modalità Wholesale.
Viene considerata area grigia NGA quella in cui è presente o verrà sviluppata nei tre anni successivi un’unica rete NGA e dove nessun altro operatore ha in progetto di sviluppare una rete NGA nei 3 anni successivi.
In queste aree, nelle vicinanze degli immobili da servire, gli operatori concorrenti di TIM non hanno alcun box/cabinet/pozzetto con i loro apparati di rete. I termini VULA (Virtual Unbundling Local Access) e BS NGA (Bitstream NGA) indicano che il punto di raccolta dell’operatore terzo è più lontano rispetto al cliente.
– Aree nere (cluster A). Sono le zone dove c’è maggiore competitività. Qui operano o opereranno nel prossimo futuro almeno due diversi fornitori di servizi di rete a banda larga e la fornitura avviene in condizioni di concorrenza.
È considerata area nera NGA quella in cui sono presenti o verranno sviluppate nei 3 anni successivi almeno due reti NGA di operatori diversi.
Non vi è quindi bisogno di alcun intervento statale. Anzi, eventuali interventi potrebbero essere ritenuti incompatibili e quindi inaccettabili (perché distorsivi della libera concorrenza) da parte della Commissione Europea.
Mentre nei cluster A non sono ammessi, nei cluster B e C gli investimenti statali non possono superare il 70% del totale. Nei cluster D possono invece essere illimitati.
Al massimo tra qualche settimana si dovrebbero conoscere i risultati della nuova consultazione BUL 2020 indetta da Infratel Italia e alla quale hanno partecipato gli operatori (si è conclusa il 31 luglio 2020).
La consultazione aveva come oggetto le aree grigie e nere con l’obiettivo di verificare i piani di sviluppo degli operatori in queste zone.
Il sito BUL, recentemente aggiornato (Banda ultralarga: ecco lo stato dei cantieri), raccoglierà le informazioni pervenute dagli operatori che hanno chiarito i loro piani a livello di singolo numero civico.
Spetterà ancora una volta a Infratel monitorare lo stato di avanzamento dei lavori e accertarsi che gli operatori rispettino gli impegni assunti.