Sin da quando Larry Page inventò l’algoritmo di page ranking, agli albori del motore di ricerca Google, il peso dei collegamenti ipertestuali (link) era fondamentale.
Ancora oggi tra i vari segnali valutati da Google per stimare l’autorevolezza di una pagina web ci sono i link in ingresso. Il motore di ricerca analizza però continuamente anche i link in uscita e riesce a stabilire con buona approssimazione quando venissero usati collegamenti ipertestuali innaturali.
SEMrush, piattaforma per il web marketing leader per l’ottimizzazione della struttura, della visibilità e il posizionamento dei propri siti web sui motori di ricerca, ha pubblicato una nuova interessante indagine in cui spiega il valore dei cosiddetti backlink e riassume quando Google può considerare non naturali dei link irrogando penalizzazioni solitamente tutt’altro che all’acqua di rose.
Quando i webmaster o gli editori pongono in essere, come dice Google, “un modello di link in entrata artificiale, ingannevole o manipolativo“, possono scattare penalizzazioni non solo sulla singola pagina web ma sul sito nel suo complesso.
“Un elenco completo dei fattori che causano penalizzazioni manuali per l’innaturalità dei link e tutte le loro combinazioni non è del tutto ovvio“, si osserva da SEMrush. “È difficile per i professionisti SEO e i webmaster individuare gli esatti punti deboli di un profilo backlink“.
In questa pagina, frutto dell’analisi su centinaia di profili backlink di siti che hanno dovuto incassare le penalizzazioni di Google, SEMrush insegna a individuare e rimuovere quelli che vengono chiamati link tossici, ad affrontare le sanzioni di Google e ad evitarle in futuro costruendo un profilo di backlink forte e assolutamente inattaccabile.
Saltando alle conclusioni, secondo SEMrush non bastano pochi link tossici per innescare le sanzioni di Google. Di solito è la combinazione di 2-3 o più tipi di manipolazioni dei link ritenute non accettabili ad attivare “la censura” da parte del motore di ricerca.
Come accade in altri frangenti, nel caso in cui si dovesse ricevere una penalizzazione, Google purtroppo non indica esempi di pagine che violano le linee guida del motore di ricerca ma è l’utente che deve attivarsi per individuarle e gestirle adeguatamente.
Un aspetto che complica non poco la risoluzione dell’incidente (che comunque, spesso, implica l’invio di 2-3 richieste di revisione da parte di Google).
Lo strumento Backlink audit di SEMrush aiuta a gestire i backlink individuando automaticamente quelli che possono essere considerati tossici.
La ricerca di SEMrush mette in evidenza anche molte altre tattiche che possono e anzi dovrebbero essere utilizzate per mettersi al riparo e tutelare la bontà e la professionalità del proprio lavoro.
Per il link tossici in entrata è possibile preparare un file disavow.txt da inviare a Google (vedere anche questa pagina) mentre per i link in uscita è bene riflettere sempre sulla loro tipologia (fare riferimento a questa pagina di supporto Google).