Già nei giorni scorsi avevamo dato notizia dell'”azzeramento” del cosiddetto “beauty contest” per l’assegnazione delle frequenze televisive, voluto dal precedente Governo. L’utilizzo delle varie frequenze disponibili per la trasmissione del segnale TV digitale saranno quindi oggetto, come noto, di un’asta pubblica che – secondo le stime – dovrebbe portare nelle casse statali circa 1,2 miliardi di euro.
E se Mediaset ha deciso di osteggiare strenuamente il provvedimento presentando un ricorso, Assoprovider – associazione dei provider indipendenti – ha espresso il suo apprezzamento per la decisione intrapresa del nuovo Governo pur richiamando l’attenzione su un punto importante: “Assoprovider accoglie con soddisfazione la decisione del governo di bloccare definitivamente il “beauty contest” ma rammenta che il “bene comune” delle frequenze ha nella attuale legislazione italiana ancora molte oscure misure protezionistiche che vanno eliminate con urgenza“.
Per Assoprovider è necessario fare in modo che tutte le aziende interessate abbiano gli stessi mezzi e le stesse possibilità delle altre di accedere ad una determinata banda di frequenza ed auspica maggiore trasparenza: “si attui un piano organico e trasparente (…) e vengano resi di pubblico dominio online tutti gli attuali assegnatari“, esorta l’associazione.
Per i responsabili di Assoprovider, insomma, le frequenze televisive dovrebbero essere assegnate alle società meritevoli evitando che aziende dai profitti multimiliardari possano occupare, “senza alcun aggravio economico, spazi frequenziali a piacere mentre le medesime sono negate agli ISP che le potrebbero utilizzare per la riduzione del Digital Divide“.
Fu proprio la voce di Assoprovider, insieme con altre, a sollevarsi contro il “beauty contest“: il legale dell’organizzazione, Fulvio Sarzana, presentò a dicembre un esposto alla Corte dei Conti lamentando un presunto danno per le casse dello Stato (ved. questo nostro articolo).