È stato arrestato a San Paolo (Brasile), il numero due di Facebook per l’America Latina, Diego Dzodan. La pietra dello scandalo che ha fatto partire l’ordine di arresto sarebbe stata la mancata risposta da parte di Facebook ad una richiesta della polizia.
Gli inquirenti avrebbero infatti chiesto a più riprese di fornire il contenuto di alcune conversazioni WhatsApp scambiate tra alcuni presenti trafficanti di droga (WhatsApp, lo ricordiamo, è di proprietà di Facebook).
Il duo Facebook-WhatsApp non ha ritenuto dover ottemperare all’ordine perché, in forza dell’utilizzo della crittografia end-to-end, da qualche tempo adottata anche dal client di messaggistica per dispositivi mobili (WhatsApp diventa sicuro grazie alla crittografia), le chiavi di cifratura non sono note ai tecnici dell’azienda, non sono memorizzate sui suoi server e, di conseguenza, non è possibile risalire al contenuto dei messaggi scambiati fra gli utenti.
La polizia dichiara di aver arrestato Dzodan perché il vicepresidente di Facebook America Latina si sarebbe sottratto ad un colloquio per tre volte di seguito.
I vertici di Facebook commentano la decisione come “del tutto fuori luogo ed estremamente sproporzionata. (…) Pur essendo sempre disponibili a collaborare con le autorità, non possiamo fornire informazioni che non abbiamo“.
Il social network di Mark Zuckerberg sarebbe multato per l’equivalente di circa 11.500 euro al giorno oltre a 230.000 euro di sanzione accessoria.
Aggiornamento: Diego Dzodan è stato immediatamente scarcerato. Il giudice Ruy Pinheiro, del tribunale brasiliano di Sergipe, ha infatti ordinato l’immediato rilascio di Dzodan descrivendo la detenzione del manager di Facebook come una “evidente coercizione illegale“.
Dzodan non è coinvolto in alcuna azione processuale, non vi sono inchieste a suo carico e non c’è alcuna prova che abbia in qualche modo ostacolato le indagini.
Il numero due di Facebook America Latina viene quindi scarcerato “con tante scuse”.