Julian Assange (nella foto), fondatore di WikiLeaks, è stato arrestato quest’oggi dalla polizia inglese. Le manette sembra siano scattate in una stazione della polizia a confermare che il giornalista australiano, attivista e programmatore ha deciso di costituirsi. Assange dovrà rispondere delle accuse contestategli dai giudici svedesi che avevano disposto un mandato di cattura internazionale in seguito alle denunce per molestia sessuale presentate da due donne. Assange ed i suoi legali hanno sempre rigettato tali accuse ed il tribunale inglese dovrà comunque decidere, nel giro di circa 21 giorni, se concedere l’estrazione in Svezia.
Nel caso in cui i giudici londinesi accordassero l’estradizione, Assange potrà appellarsi alla decisione allungando le tempistiche del processo.
Un portavoce di WikiLeaks ha però già voluto rimarcare come “la battaglia” prosegua. “Le attività su WikiLeaks stanno continuando normalmente“, ha dichiarato Kristinn Hrafnson “e rilasceremo nuovi documenti secondo la programmazione già stilata“.
Sebbene Assange sia stato incriminato per dei capi di reato non strettamente correlati a WikiLeaks, i governi di mezzo mondo hanno stretto le fila per individuare l’australiano.
Dal 28 novembre scorso, quando WikiLeaks avviò una nuova ondata di pubblicazioni di documenti “top secret” con riferimenti, in particolare, agli affari degli Stati Uniti ma anche a politici di moltissime altre nazioni, il sito è stato oggetto di ripetuti e frequenti attacchi DoS (Denial of Service), provider come Amazon ed EveryDNS avevano “chiuso i rubinetti” alla creatura di Assange, PayPal aveva cessato di offrire supporto e la banca elvetica presso la quale era stato acceso un conto corrente ha provveduto a chiuderlo in seguito ad irregolarità in fase della stipula del contratto. WikiLeaks, per tutta risposta, aveva chiamato i suoi seguaci “alla riscossa” esortandoli ad attivare “mirror” del sito.
La figura di Assange è oggetto di valutazioni diametralmente opposte. I rappresentanti governativi definiscono il comportamento tenuto dai responsabili di WikiLeaks come assai discutibile ed assolutamente irresponsabile.
Dalla stessa Rete, dove WikiLeaks è nato e cresciuto, le voci che si fanno sentire sono diverse. Alcuni osservano come le pressioni nei confronti del sito e le operazioni messe in campo su così vasta scala abbiano un odore molto simile a quello delle metodologie utilizzate, ad esempio, in Cina. L’avvocato Guido Scorza fa presente come il “caso WikiLeaks” debba essere visto sotto un’altra luce: deve cioé contribuire a spronare le diplomazie internazionali a convivere con la trasparenza rendendo il secreto una mera eccezione alla regola. Scorza sottolinea come serva, nell’immediato, un radicale ripensamento del rapporto tra pubblico e segreto. Per il legale, presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione ed esperto di questioni connesse al diritto civile, industriale e della concorrenza, dev’essere oggi il giorno zero perché dopo il ciclone WikiLeaks nulla potrà restare come prima. Se la condotta di Assange sia stata criminosa questo, allo stato attuale e senza disporre di elementi concreti, è difficile dirlo. Anche perché la giurisprudenza delle decine di nazioni coinvolte nel “Cablegate” è estremamente varia ed eterogenea. Purtuttavia, in una società dell’informazione qual è ormai la nostra, quanti Assange potrebbero spuntare da un momento all’altro? E’ l’ora di ripensare completamente l’approccio sin qui utilizzato per la gestione dell’informazione sia a livello governativo che diplomatico.