Conosciamo un po’ tutti le vicissitudini della britannica ARM, azienda specializzata nella progettazione di architetture e tecnologie per microprocessori, SoC (System-on-a-Chip) e, in generale, semiconduttori.
ARM è nata 1990 come joint venture tra Acorn Computers, Apple e VLSI Technology. L’architettura RISC (Reduced Instruction Set Computer) sviluppata dagli ingegneri di ARM si è rivelata altamente efficiente e adatta per dispositivi a basso consumo energetico. Ciò ha portato alla rapida adozione delle soluzioni ARM da parte dei produttori di dispositivi mobili, come smartphone e tablet. Oggi, infatti, la proprietà intellettuale di ARM (che non realizza in proprio alcun chip) è utilizzata nella stragrande maggioranza di SoC progettati, sviluppati e commercializzati da vari produttori: Qualcomm, Apple, Samsung, MediaTek, NVidia, Amazon, Huawei, giusto per fare qualche nome.
Si calcola che circa il 70% della popolazione globale utilizza prodotti alimentati da chip che poggiano sull’ISA ARM o sono costruiti a partire da progetti sviluppati servendosi della tecnologia ARM. In un altro articolo abbiamo detto quanto conta l’ISA nella competizione tra chip ARM64 e x86-64.
Nell’anno fiscale terminato il 31 marzo 2023, i vari produttori hanno spedito 30 miliardi di chip basati su ARM facendo registrare una crescita del 70% rispetto al 2016 (fonte: Nikkei). Fino ad oggi, la tecnologia ARM è utilizzata in 250 miliardi di chip.
Nel 2016, l’azienda giapponese SoftBank Group ha acquisito ARM Holdings per circa 32 miliardi di dollari mentre a inizio 2022 è definitivamente sfumata l’acquisizione di ARM da parte di NVidia. L’accordo sembrava ormai cosa fatta e invece, complici i timori dei vari player sul mercato, tramontò.
Adesso un’importante novità sta per toccare ARM e i suoi clienti, partner e utenti finali. L’azienda si sta quotando in borsa con una IPO che potrebbe essere la più imponente degli ultimi anni.
Cos’è una IPO
Un’Initial Public Offering (IPO) è una procedura finanziaria attraverso la quale un’azienda privata mette in vendita per la prima volta le sue azioni al pubblico tramite il mercato finanziario. È l’importante momento in cui la società decide di quotarsi in borsa, consentendo agli investitori esterni di acquistare una parte di proprietà dell’azienda sotto forma di azioni.
Durante l’IPO, l’azienda emette azioni che vengono poi offerte al pubblico attraverso la compravendita sui mercati finanziari, come ad esempio il Nasdaq o il NYSE. Questo processo consente all’azienda di raccogliere capitali dai investitori esterni, che a loro volta diventano azionisti dell’azienda.
La mossa di ARM per affrontare le sfide dei prossimi anni
Il mercato sta iniziando ad adottare con sempre maggiore convinzione l’architettura e il set di istruzioni royalty-free RISC-V. Si vedevano già da tempo SoC RISC-V nei campi applicativi più “ordinari” come sensori e dispositivi smart economici. Da un po’ a questa parte, tuttavia, la tecnologia è adottata per applicazioni di intelligenza artificiale e calcolo ad alte prestazioni, aree di grande rilievo per tante aziende.
Si tratta di segnali “sinistri” per ARM che vede il suo business potenzialmente minacciato da un’architettura, RISC-V appunto, che è facilmente accessibile da parte di chiunque senza versare alcun “obolo” (come accade invece nel caso dell’azienda britannica).
RISC-V minaccia la supremazia di ARM nei vari segmenti di mercato
L’europea Semidynamics, ad esempio, ha cominciato a sviluppare proprietà intellettuale a partire proprio da RISC-V prodigandosi nella realizzazione di un’unità vettoriale per il computing ad alte prestazioni. L’annuncio della produzione di chip RISC-V da parte di Intel, l’annuncio di Google che descrive RISC-V come architettura di primo livello per Android, le prime prove di allontanamento di Qualcomm da ARM, le valutazioni del leggendario progettista Jim Keller che dipinge un futuro splendente per RISC-V, sono tutte indicazioni inequivocabili di come si sta muovendo il mercato.
Tensioni geopolitiche, come le restrizioni alle esportazioni imposte dagli Stati Uniti e dal Regno Unito contro la Cina, mettono inoltre in pericolo le prospettive di ARM nel redditizio mercato cinese.
ARM deve quindi necessariamente riorganizzarsi e la flessione dei ricavi, scesi a 2,68 miliardi di dollari nell’anno conclusosi lo scorso marzo, ha indotto la società a cercare nuovi investimenti.
La valutazione di ARM è stimata tra 60 e 70 miliardi di dollari, anche se ad oggi non è dato sapere il valore dell’IPO. Se l’operazione avrà successo, ARM potrà contare sull’arrivo di linfa vitale per ottimizzare le attività di progettazione e proporre progetti innovativi ai clienti, in grado di contrastare la concorrenza e rafforzare la presenza nei mercati HPC e data center.
Spuntano i nomi degli investitori strategici
Secondo un rapporto di Bloomberg, l’imminente IPO di ARM avrebbe raccolto un vivo interesse da parte di alcuni “big player” dell’industria. Nomi quali Apple, Nvidia, Intel e Samsung sarebbero gli investitori strategici, pronti ad acquistare quote sostanziali della proprietà di ARM. Ma anche altre aziende potrebbero farsi avanti.
SoftBank sembra infatti essersi assicurata l’approvazione delle principali aziende tecnologiche, che tra l’altro sono proprio i principali sostenitori di ARM. Apple, AMD, Cadence, Intel, Google, NVidia, Samsung e Synopsys sono le imprese che versano i maggiori contributi ad ARM sotto forma di royalty per l’utilizzo delle sue proprietà intellettuali. E questi giganti del settore, secondo fonti vicine alle varie aziende, potrebbero investire tra i 25 e i 100 milioni di dollari ciascuno.
Inizialmente, SoftBank intendeva raccogliere tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari attraverso l’IPO. Tuttavia, dopo la decisione strategica di mantenere una quota più significativa di ARM, questo obiettivo è stato ricalibrato su un obiettivo di raccolta fondi compreso tra 5 e 7 miliardi di dollari.
Secondo quanto riferito, il CEO di SoftBank, Masayoshi Son, vorrebbe mantenere un controllo significativo su ARM. Il numero uno della società non sarebbe intenzionato a porre in vendita oltre il 10% della società nella fase iniziale.