Com’è noto, il “DDL intercettazioni” è stato approvato al Senato – nella giornata di ieri – con 164 sì e 25 no. Il testo della normativa torna quindi alla Camera per “il via libera” definitivo. Criticatissimo dalle opposizioni ed, in generale, da chi fa informazione, sul DDL è stata ottenuta la fiducia in un clima di veleni. La stessa FNSI (“Federazione Nazionale Stampa Italiana“), attraverso le parole del segretario Franco Siddi, ha annunciato una giornata di sciopero per il prossimo 9 luglio. L’iniziativa vuole evidenziare “con immeditatezza l’allarme grave che si pone non per questo o quel cittadino di destra di sinistra, ma per il corretto svolgersi del circuito democratico“, ha commentato Siddi.
Con l’approvazione del “DDL intercettazioni”, stanno per diventare legge anche alcune disposizioni che riguardano siti web e “blogosfera” in generale. L’avvocato Guido Scorza – presidente dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione ed esperto di questioni connesse al diritto civile, industriale e della concorrenza – ha voluto sottolineare, in particolare, quanto riportato all’articolo 29 della norma: “per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono“. Secondo l’avvocato, insomma, chiunque gestisca un “sito informatico” può vedersi recapitare una richiesta di rettifica relativamente ad un’informazione pubblicata, con tutte le conseguenze che ne derivano. Scorza ritiene che un provvedimento del genere sia destinato a minare le fondamenta di quell'”Internet italiana” che è fatta in larghissima parte di ottimi progetti amatoriali. Realizzati ed aggiornati con risorse economiche pressoché nulle e che spesso non godono di alcun introito. Un blogger potrebbe, secondo Scorza, arrivare addirittura a chiudere il proprio sito web per evitare di correre dei rischi. “In forza della nuova disciplina andreste incontro ad una sanzione fino a 12 mila e 500 euro per non aver provveduto alla rettifica entro 48 ore“, ricorda l’avvocato.
Insomma, il rischio potrebbe essere quello di veder contaminato quel prezioso “humus” che ha sinora dato nutrimento alla “Rete italiana”.
A questo punto la Corte Costituzionale potrebbe essere chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento.