Con Apple Intelligence, la suite presentata ufficialmente alla WWDC24 tenutasi a giugno, anche Apple è salita ufficialmente sul treno dell’intelligenza artificiale. Lo ha fatto però in netto ritardo rispetto alla concorrenza (Google e Microsoft, ad esempio) e questo potrebbe rendere le sue novità meno appetibili se paragonate ad altre soluzioni già oggi disponibili sul mercato. Di questa opinione è Mark Gurman, la firma di Bloomberg che da anni fornisce indiscrezioni e analizza le strategie del colosso di Cupertino.
Apple Intelligence delude rispetto a Google Gemini
La seconda metà dell’evento di giugno è stato interamente dedicato all’intelligenza artificiale, quindi alle soluzioni studiate per offrire agli utenti esperienze completamente nuove e più versatili. L’aggiornamento più importante è probabilmente quello riguardante Siri, da troppo tempo ormai considerato l’assistente virtuale “più debole” e meno smart in circolazione.
È stata annunciata anche una partnership con OpenAI per l’integrazione di ChatGPT garantendo però il massimo della privacy, un argomento molto caro ad Apple e ai suoi utenti.
Ma basteranno queste novità a rendere Apple un punto di riferimento nel settore dell’AI? Il sopracitato Mark Gurman, riferendosi a tutte le feature della gamma Pixel 9 di Google, ritiene che l’offerta della società guidata da Tim Cook non sia in grado di reggere il confronto. In effetti, le inedite funzionalità presentate da Big G (come la possibilità di cambiare lo sfondo di una foto o di aggiungere persone ad uno scatto) hanno fatto centro, catturando l’attenzione di tutti.
Questo però non significa che Apple Intelligence non abbia nulla da proporre. La suite infatti è abbastanza ricca, ma la sensazione è che Apple sia ancora troppo lontana dalle rivali. Il tempo per recuperare c’è, così come ci sono le risorse, ma nel frattempo avanzeranno anche le sopracitate Microsoft e Google, che hanno fin da subito sposato le tecnologie AI. E i risultati sono evidenti.