Anonymous attacca il Ministero degli Interni: furto di dati

La cellula italiana di Anonymous torna a far parlare di sé. Le plateali azioni che sono state messe in atto negli ultimi giorni appaiono sempre più come una rappresaglia per il recente arresto di alcuni "hacktivisti".

La cellula italiana di Anonymous torna a far parlare di sé. Le plateali azioni che sono state messe in atto negli ultimi giorni appaiono sempre più come una rappresaglia per il recente arresto di alcuni “hacktivisti”. Il venerdì 17 di maggio non ha portato bene ad alcuni esponenti di Anonymous che – nell’ambito dell’operazione “Tango Down“, sferrata dagli agenti della Polizia Postale su ordine della Procura di Roma – sono stati messi ai ceppi con l’accusa di aver avviato ripetute razzìe sui siti del Vaticano, del Governo e della stessa Polizia.

Poggiando sempre sul concetto di “identità condivisa”, Anonymous Italia ha reagito lanciando un duplice attacco, a distanza di poche ore, verso i siti web di due sindacati della polizia: SIULP (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia) e SAP (Sindacato Autonomo di Polizia).

È invece di oggi l’attacco al Ministero degli Interni con la contemporanea pubblicazione di oltre 600 MB di dati trafugati dai server di Stato. Nei file sottratti al Ministero, apparsi sul blog ufficiale di Anonymous Italia e “fisicamente” pubblicati sul sito web Anonfiles.com, vi sarebbe anche materiale riservato, con informazioni confidenziali e dati sensibili.

Tra le migliaia di documenti rastrellati ci sarebbero relazioni tecniche sul MUOS, il sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti vorrebbe insediare in terra siciliana, a Niscemi; informazioni sul presunto acquisto di mezzi navali per contrastare il fenomeno dell’immigrazione dall’Africa; direttive sulla Festa della Repubblica; lezioni di “etica professionale”; circolari sulle manifestazioni studentesche dello scorso febbraio e molto altro ancora. Una parte delle informazioni, comunque, sembrava fosse già stata messa a disposizione pubblicamente e quindi non aver carattere di riservatezza.

Anonymous motiva le sue azioni criticando l’atteggiamento censorio tenuto dalle autorità: “lo avete fatto trincerandovi dietro una pseudo-legalità che null’altro compie se non incatenare il dissenso e spegnere i barlumi del cambiamento“, si legge sul blog. “Ci dipingono come criminali, ma tutto quel che facciamo è mosso da sentimenti che sedimentano nel sogno di un mondo libero. (…) Non agiamo in nome del profitto, non uccidiamo nessuno. E molto spesso paghiamo con la nostra libertà“, si legge ancora su Anonymous Italia.

L’intero sito Anonfiles.com, contenente i dati trafugati, appare irraggiungibile utilizzando i server DNS gestiti dai provider Internet italiani mentre invece resta consultabile, come accade in questi casi, ricorrendo a DNS alternativi come quelli forniti da Google.
Come già successo in altre circostanze, infatti, è stato intimato a tutti i provider del nostro Paese di alterare forzosamente i record memorizzati sui rispettivi server DNS e di reindirizzare verso l’interfaccia di loopback (IP 127.0.0.1) qualunque richiesta di connessione rivolta al sito oggetto dell’intervento sanzionatorio. Una soluzione, però, ben lungi dall’aver valenza “universale”.

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