Durante la I/O Conference dello scorso anno, Google presentò Brillo, un sistema operativo “alleggerito” derivato da Android e progettato espressamente per i dispositivi del mondo Internet delle Cose (vedere Brillo, il sistema Android per l’Internet delle cose).
I vertici di Google hanno realizzato, oggi, che Brillo è un nome dallo scarso “mordente”. Il progetto è stato quindi rinominato in Android Things, denominazione che riflette molto meglio gli obiettivi del sistema operativo e i dispositivi sui quali può essere installato.
Android Things continuerà a far uso del protocollo Weave, messo a punto da Google, nella sua iterazione più recente e aggiornata. Philips Hue e Samsung SmartThings sono già compatibili con Weave e altri produttori di dispositivi per l’Internet delle Cose come Belkin, Honeywell, TP-Link ed altri stanno lavorando per abbracciare lo stesso protocollo (vedere il nostro articolo Internet delle cose, alcuni prodotti per automatizzare casa e ufficio).
Weave, tra l’altro, è da poco compatibile anche con Google Assistant (Google Assistant, cos’è e come funziona il successore di Now), il nuovo assistente digitale successore di Now.
A beneficio degli sviluppatori e dei maker di tutto il mondo, Google ha appena rilasciato le immagini di Android Things destinate all’utilizzo su tre diverse schede: Intel Edison, NXP Pico e Raspberry Pi 3.
Gli interessati possono scaricarle in anteprima da questa pagina.