La battaglia tra Oracle e Google sul tema dei brevetti software continua. I legali della società guidata da Larry Ellison hanno richiesto al giudice Donna Ryu di chiamare a deporre il cofondatore ed attuale CEO di Google, Larry Page (nella foto a lato). La materia del contendere sarebbe l’acquisizione, datata 2005, di Android Inc.. Dopo l’acquisto messo a segno da Google, le principali “menti” della startup – Andy Rubin, Rich Miner, Nick Sears e Chris White – iniziarono a lavorare per il colosso di Moutain View mettendo a punto una piattaforma basata sulla versione 2.6 del kernel Linux.
“Il signor Page è il CEO di Google ma anche la persona che con buona probabilità ha ratificato la decisione di acquistare Android Inc. e, di conseguenza, sviluppare e lanciare la piattafora che Oracle ritiene violi i suoi brevetti ed i suoi diritti“, si legge in una nota che l’azienda di Ellison ha fatto pervenire al giudice della corte distrettuale della California del Nord. “Page ha partecipato anche ai negoziati che si sono svolti tra Sun e Google a proposito della licenza Java per Android e delle successive comunicazioni con il CEO di Oracle“, prosegue il documento. “Oracle ritiene che la testimonianza del signor Page sia particolarmente rilevante per ciò che concerne alcuni aspetti chiave del caso“.
Secondo Oracle, Java è un concorrente di Android nel campo dei dispositivi mobili ed utilizzando delle tecnologie derivate, con particolare riferimento alla macchina virtuale Dalvik, Google avrebbe commesso degli illeciti.
Diametralmente opposta la posizione di Google che, già lo scorso ottobre, aveva rigettato ogni accusa osservando come la virtual machine Dalvik non violi alcun copyright né alcun brevetto legato a Java. “Sebbene le applicazioni software per la piattaforma Android possano essere scritte utilizzando il linguaggio di programmazione Java, il bytecode Dalvik è differente e distinto rispetto al bytecode Java“, aveva fatto presente Google. “La virtual machine Dalvik non è una virtual machine Java“.
Oracle, però, ha deciso di non fermarsi e lo scorso mese ha presentato alla corte un’ulteriore documentazione chiedendo un risarcimento danni pari a 2,6 miliardi di dollari dalla società di Larry Page e Sergey Brin.
La richiesta di far deporre il numero uno di Google non è stata presa bene dai vertici dell’azienda che hanno deplorato l’azione di Oracle. Una domanda “vessatoria e superflua” per Google considerate le testimonianze che la società avrebbe già reso. Se l’istanza inoltrata da Oracle dovesse essere approvata, Google avrebbe pochi giorni di tempo per far comparire Page dinanzi al giudice, al massimo fino al prossimo 29 luglio.