Si preannuncia come la sanzione più pesante mai irrogata dalla Commissione Europea. I giudici europei hanno infatti ratificato la decisione assunta a luglio 2018: allora Google fu multata per 4,34 miliardi di euro per abuso di posizione dominante nel mercato Android.
La corte ha accolto la stragrande maggioranza delle argomentazioni della Commissione Europea riducendo la sanzione a 4,1 miliardi di euro dopo aver riscontrato dei difetti rispetto ad alcune analisi dell’Autorità di regolamentazione rilevando che in quel caso i diritti riconosciuti a Google erano stati in parte violati.
Secondo l’accusa l’azienda guidata da Sundar Pichai avrebbe costretto i produttori di smartphone Android a preinstallare l’app Ricerca Google e il browser come condizione per accedere al Play Store.
Inoltre, la società con sede a Mountain View, negli Stati Uniti, avrebbe impedito ai produttori interessati a offrire le app Google preinstallate di eseguire versioni alternative di Android non approvate dalla società stessa.
La Commissione ha inoltre affermato che Google effettuava pagamenti ad alcuni grandi produttori e operatori perché preinstallassero esclusivamente la sua app di ricerca.
È stato su questo punto che i giudici europei hanno rilevato delle mancanze rilevando che l’Autorità di regolamentazione non ha fornito prove sufficienti.
Mentre l’Unione Europea sosteneva come il comportamento di Google rappresentasse una restrizione illecita in fatto di libera concorrenza, dal canto suo la società fondata da Larry Page e Sergey Brin ha osservato che le contestazioni avanzate sono destinate a minare alla base un modello di business che ha fino ad oggi consentito di fornire gratuitamente il software Android sostenendone lo sviluppo con le entrate pubblicitarie generate.
La risposta legale di Google si era concentrata su una serie di argomenti: si sosteneva ad esempio come la Commissione avesse erroneamente giudicato l’azienda dominante nel mercato mobile (mentre invece esiste Apple iOS come player fortissimo in tanti Paesi). Inoltre Google affermava che le sue azioni erano necessarie per impedire all’ecosistema Android di frammentarsi in molti sistemi operativi incompatibili.
Su questo punto la Commissione aveva risposto osservando che la promozione di sistemi operativi mobili concorrenti è esattamente il risultato desiderato in un mercato competitivo.
Per superare lo scoglio Google aveva comunque proposto una ricetta: l’azienda ha permesso ai produttori e alle società partner di usare fork di Android (versioni non ufficiali del sistema operativo) in Europa con la possibilità di acquisire separatamente la licenza per l’installazione delle app realizzate dalla multinazionale USA.
L’anno scorso Google, d’accordo con la Commissione Europea, aveva eliminato il sistema basato su asta che era stato introdotto per consentire agli utenti Android di scegliere il motore di ricerca preferito.
Attraverso un suo portavoce Google ha fatto sapere quanto segue: “siamo delusi dal fatto che la Corte non abbia annullato completamente la decisione. Android ha creato più scelta per tutti, non meno, e supporta migliaia di aziende di successo in Europa e nel mondo“.
La sentenza sfavorevole a Google può essere a questo punto portata dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.