All’inizio di marzo 2023 la fortunata architettura AMD Zen ha festeggiato i suoi primi 6 anni di vita: l’anno scorso avevamo pubblicato una breve storia dei processori AMD Ryzen.
Il 2024 sarà l’anno dell’architettura Zen 5 ad alte prestazioni, nuova iterazione della soluzione alla base del funzionamento dei microprocessori che AMD ha presentato a partire dal 2017 e che è stata progettata per migliorare le prestazioni, l’efficienza energetica e la scalabilità.
Secondo le valutazioni di diversi analisti, Zen 5 dovrebbe arrivare entro fine anno prossimo anche se alcuni prevedono che la società guidata da Lisa Su provi a “bruciare le tappe” e anticipare il lancio dei processori basati sull’architettura più recente.
A livello tecnico, con Zen 5 metterà il sigillo sul processo costruttivo a 4 nm, ulteriore evoluzione rispetto agli attuali 5 nm (in un altro articolo parliamo del significato di nanometri). Il balzo in avanti si tradurrà in un leggero miglioramento in termini di efficienza energetica e in una minima riduzione delle dimensioni dei transistor. Quel nodo verrà utilizzato con riferimento ai chiplet (unità CCD) mentre l’unità I/O dovrebbe essere prodotta a 5 nm.
CCD sta per Core Complex Die ed è un componente fondamentale della piattaforma Zen: si tratta del blocco di silicio all’interno del processore che contiene i core di calcolo, la cache L3 e il controller di memoria.
Con la nuova architettura, AMD dovrebbe mantenere l’unità CCD su 8 core e 16 thread grazie alla tecnologia SMT (Simultaneous Multithreading) che com’è noto consente a un singolo core di gestire più thread contemporaneamente migliorando l’efficienza del processore e consentendo un aumento delle prestazioni in applicazioni in grado di sfruttare il multithreading.
Nel mercato mainstream le configurazioni con più di 8 core e 16 thread non sono ancora adeguatamente sfruttate e processori con maggiori potenzialità sul versante multithreading hanno senso solo in casi molto specifici.
Il “comparto” su cui Zen 5 potrebbe investire di più potrebbe avere a che fare con il miglioramento del valore IPC (istruzioni per ciclo di clock).
Dal lancio della prima generazione di processori Zen, gli ingegneri AMD sono riusciti ad aumentare significativamente l’IPC generazione dopo generazione.
Si prevede che Zen 5 vedrà un miglioramento dell’IPC quantificabile tra il 20% e il 25%: se il dato venisse confermato sarebbe un risultato davvero notevole. Va detto che nel caso di Zen 4 le indiscrezioni facevano riferimento un IPC migliorato del 24% quando alla fine il risultato è stato pari a un +13% rispetto alla generazione precedente.
Per sostenere un IPC più elevato, Zen 5 introdurrà importanti cambiamenti a livello di microarchitettura: ci sarà un nuovo aumento della cache L2 per core (potrebbe arrivare a 1,5 MB), miglioramenti nelle unità logiche e nella larghezza di banda dell’unità di esecuzione delle istruzioni di caricamento e memorizzazione, nonché diversi cambiamenti a livello di cache L3.
Per quanto riguarda la velocità di clock, i futuri processori basati sull’architettura Zen 5 potrebbero avere frequenze di lavoro simili a quelle attuali (in qualche caso si potrebbero spuntare 300 MHz in più in modalità turbo ma nella maggior parte dei casi ci si limiterà a +100/200 MHz).
Tra le “conferme” l’utilizzo dello stesso socket della serie Ryzen 7000 con la piattaforma AM5 che rimarrà in vita per tutto l’anno prossimo.
AMD potrebbe comunque estrarre il proverbiale coniglio dal cilindro. Innanzi tutto, la memoria RAM potrebbe usare la modalità 1:1 (funziona alla stessa velocità del bus di sistema della CPU) e la GPU integrata potrebbe essere basata sulla tecnologia RDNA3.