Gli AirTag sono dispositivi di tracciamento progettati e commercializzati da Apple. Sono piccoli e compatti, simili a una moneta, e possono essere facilmente “accoppiati” ad oggetti come portafogli, borse o chiavi. La loro funzione è quella di aiutare gli utenti a rintracciare gli oggetti smarriti o rubati, appoggiandosi ai dispositivi Apple fisicamente presenti nelle vicinanze.
Basati sulla tecnologia Bluetooth, possono comunicare con iPhone, iPad e Mac. Quando un AirTag si trova entro il raggio di azione di uno di questi dispositivi, può inviare la sua posizione in tempo reale al proprietario, attraverso la piattaforma “Dov’è” di Apple.
Sebbene gli AirTag siano progettati proprio con l’obiettivo di facilitare l’individuazione degli oggetti “persi”, rendendoli di fatto “smart”, questi dispositivi hanno destato non poche preoccupazioni riguardo eventuali utilizzi impropri, ad esempio da parte degli stalker.
Apple chiamata a rispondere del funzionamento dei suoi AirTag
A metà ottobre 2023 una serie di denunce presentate presso vari tribunali d’Oltreoceano si sono trasformate in una vera e propria class action a carico di Apple. Tanti utenti lamentano infatti di aver subìto continui pedinamenti da parte di altre persone, spesso in qualche modo legate alla vita delle vittime. Oppure di aver inconsapevolmente consegnato i propri movimenti giornalieri a malintenzionati e criminali.
È infatti emerso come gli AirTag possano essere sfruttati, in maniera illecita, anche per monitorare e seguire altre persone. Poiché sono piccoli e discreti, possono essere facilmente nascosti all’interno degli oggetti personali di una persona, come borse o veicoli, senza che la vittima ne sia consapevole. Si tratta di comportamenti gravemente lesivi della privacy, che possono anche mettere a rischio la sicurezza della vittima.
A febbraio 2022, Apple aveva annunciato nuove misure per contrastare l’uso dei suoi AirTag per finalità di stalking e a maggio 2023 abbiamo pubblicato la notizia dell’“alleanza” tra Google e la Mela per rilevare gli AirTag nelle immediate vicinanze informando tempestivamente l’utente.
La questione della responsabilità dei produttori
A metà marzo 2024, il giudice distrettuale Vince Chhabria (California, USA), ha stabilito che la class action avviata a ottobre dello scorso anno merita un attento approfondimento. Benché alcune delle accuse siano state respinte, rimangono tre rivendicazioni fondamentali nel processo, tra cui l’eventuale negligenza e responsabilità di Apple rispetto agli AirTag immessi sul mercato.
Secondo quanto si evince leggendo il testo della decisione del tribunale, l’accusa sostiene che le presunte gravi carenze nelle funzionalità di sicurezza degli AirTag avrebbero permesso a molestatori e criminali di utilizzare il dispositivo per scopi dannosi. Sottolineate anche le “disuguaglianze” tra le protezioni offerte agli utenti di dispositivi Apple rispetto a chi possiede terminali Android.
Apple, dal canto suo, ha difeso la progettazione dell’AirTag affermando di aver implementato misure di sicurezza innovative nel settore. L’azienda ha inoltre sostenuto di non poter essere ritenuta responsabile per l’abuso dei dispositivi da parte di terzi.
La controversia che vede protagonisti gli AirTag, solleva questioni cruciali riguardo alla responsabilità delle aziende nel garantire la sicurezza dei loro prodotti e nel proteggere i consumatori da potenziali rischi. Il processo in corso potrebbe avere implicazioni significative per il futuro della tecnologia di tracciamento degli oggetti e porre le basi per una regolamentazione ancora più attenta.