Nell’audizione dei giorni scorsi tenutasi nell’aula del Senato, il presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), Corrado Calabrò, aveva fatto cenno ad un provvedimento ministeriale avente come obiettivo quello di legittimare l’AGCOM in materia di difesa del copyright e di definirne meglio “la competenza e i poteri nella materia del diritto d’autore“.
Nelle scorse ore, il quotidiano torinese “La Stampa” ha pubblicato (ved. questa pagina) quella che è stata presentata come una bozza del documento in fase di approvazione. Il testo, che sarebbe al momento al vaglio del Governo, è stato immediatamente oggetto di un’attenta analisi dal momento che investirebbe l’AGCOM di un ruolo delicatissimo ossia la “risoluzione extragiudiziale delle controversie aventi ad oggetto l’applicazione sulle reti telematiche della legge” sulla protezione del diritto d’autore risalente al 1941.
La disposizione è chiarissima: un’autorità amministrativa qual è l’AGCOM diverrebbe una sorta di “sceriffo della Rete” avente titolo per emanare un regolamento (quello di cui si sta parlando da mesi) per disciplinare le procedure da seguire per l’individuazione e la rimozione “dei contenuti in qualunque modo resi accessibili in Italia in violazione della legge“. L’Autorità presieduta da Calabrò, all’infuori di qualsiasi aula di tribunale, potrebbe presto divenire “una e trina” – come ha scritto l’avvocato Guido Scorza sul suo blog – ossia accentrare a sé tre poteri: vigilanza sul rispetto della disciplina in materia di diritto d’autore online, risoluzione delle relative controversie, imposizione delle norme che costituiranno la base per la gestione dei procedimenti relativi alla rimozione dei contenuti pubblicati in violazione del diritto d’autore.
Quella che si configura all’orizzonte, quindi, se la bozza – la cui provenienza, indicata da “La Stampa“, sarebbe l’ufficio del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà – venisse approvata, potrebbe essere una sorta di HADOPI all’italiana. Non sarebbe più un giudice ad irrogare sanzioni e ad ordinare “il blocco” di un sito web ma – ed è questa la critica più ricorrente – un’autorità amministrativa nominata dalla politica. Il risultato, poi, sarebbe di contravvenire a quelle disposizioni fissate in sede europea che vietano di trasformare i fornitori di servizi Internet in “poliziotti” della Rete.
L’auspicio da parte di tutti coloro che lavorano sulla Rete, onestamente, con serietà e con passione, è che la bozza di provvedimento “trapelata” in queste ore possa essere rapidamente cestinata. In nome di quel diritto all’informazione e di quella libertà d’espressione che dovrebbero essere considerati beni preziosi, da non metter mai in discussione.