E’ stata emessa ieri, dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, una sentenza destinata a rivestire un ruolo assai importante per ciò che concerne le responsabilità delle organizzazioni che mettono a disposizione, in Rete, dei servizi e di coloro che li utilizzano a vari livelli.
Nel dispositivo della sentenza, pubblicata in questa pagina, sembra sancito il principio per cui il fornitore del servizio – in questo caso Google – non possa essere ritenuto responsabile per l’eventuale utilizzo illecito posto in essere dagli utenti del servizio stesso. Nella fattispecie, il riferimento è al servizio Google Adsense, impiegato da molti inserzionisti per promuovere le loro attività. Secondo i giudici europei, la società di Mountain View non sarebbe responsabile, nella sua veste di fornitore del servizio, per gli eventuali usi illeciti, posti in atto dagli inserzionisti, degli altrui marchi.
L’avvocato Guido Scorza ha voluto sottolineare, in particolare, un estratto della sentenza: “occorre osservare che la semplice circostanza che il servizio di posizionamento sia a pagamento, che la Google stabilisca le modalità di pagamento, o ancora che essa dia informazioni di ordine generale ai suoi clienti, non può avere come effetto di privare la Google delle deroghe in materia di responsabilità previste dalla direttiva 2000/31“.
Secondo Lvmh, holding francese specializata in beni di lusso (controlla anche il marchio Louis Vuitton), con la sentenza appena pubblicata, la Corte di Giustizia europea “ha stabilito che non si può fare pubblicità online usando come parola chiave un marchio registrato senza il consenso di chi ne detiene il diritto“.
Secondo la sentenza i titolari dei marchi illecitamente usati su servizi come Adsense non possono far valere i loro diritti sull'”intermediario” – Google – bensì sugli inserzionisti che, ricorrendo proprio ad Adsense, pubblicizzano marchi concorrenti sfruttando, come parole chiave, i nomi registrati di altre società.
E’ demandata ai giudici del rinvio (ossia al tribunale nazionale) valutare se il ruolo dell’operatore – in questo caso Google – sia neutro. Nel caso in cui dovesse essere rilevato un ruolo non attivo da parte del fornitore, questo non può essere ritenuto responsabile per i dati memorizzati su richiesta di un inserzionista. Fatta eccezione per i casi in cui l’operatore, venuto a conoscenza dell’illiceità delle attività dell’inserzionista, non abbia prontamente bloccato la visualizzazione delle informazioni.
L’azione legale era stata intentata dalla Vuitton dopo aver constatato la pubblicizzazione di siti che offrivano imitazioni di prodotti commercializzati dalla stessa società utilizzando, su Adsense, marchi registrati di proprietà dalla Vuitton stessa.