Adobe: nuovi termini di servizio su contenuti generati scatenano polemiche

I nuovi termini di servizio di Adobe permettono alla compagnia di "sbirciare" tra i contenuti dei clienti e non solo.

Adobe, azienda famosa per produrre e gestire strumenti come Photoshop e Premiere Pro, è al centro di una polemica che si sta diffondendo online.

La compagnia, infatti, ha modificato i suoi termini di utilizzo nel contesto del servizio noto come Adobe Creative Cloud che, di fatto, permette alla software house di accedere liberamente ai progetti creati dagli utenti.

Se le modifiche ai termini di utilizzo sono una consuetudine in questo settore, tali modifiche sono spesso mirate per adeguarsi alle nuove normative. In questo caso, però, le novità sembrano risultare alquanto “invasive” e hanno suscitato un certo malcontento nell’utenza.

Allo stato attuale, quando un utente accede ad Adobe Creative Cloud si trova davanti a una notifica pop-up che chiede l’accettazione dei nuovi termini di utilizzo. Come accade spesso in questi casi, ben pochi si soffermano su tutte le voci presenti sul documento. In ogni caso, non vi è particolare libertà di scelta: per accedere alla piattaforma, qualunque utente deve per forza accettare quanto deciso da Adobe.

Adobe Creative Cloud: perché i nuovi termini di servizio hanno scatenato un putiferio tra gli utenti?

Adobe ha modificato quattro articoli dei termini di utilizzo, cambiando radicalmente le sue politiche rispetto agli utenti.

Una delle sezioni aggiornate è la 5.3, dedicada agli account gratuiti inattivi. Qui viene spiegato come la compagnia ha il diritto di eliminare gli account considerati inattivi. Un’altra voce, ovvero la 14.1, riduce le tempistiche per la risoluzione informale delle controversie, con tempi che passano da 60 a 30 giorni. Se questi due cambiamenti non appaiono così fastidiosi, il peggio deve ancora arrivare.

Una delle modifiche più discusse è quella all’articolo 2.2, dove si afferma in modo esplicito come Adobe possa “Accedere, visualizzare e/o visualizzare i tuoi contenuti utente, sia automaticamente che manualmente, anche per scopi di revisione dei contenuti, ma in modi limitati e solo come consentito dalla legge“. Secondo l’azienda è un modo per contrastare la creazione di materiale pedopornografico o comunque considerato illegale.

Altra voce inquietante è la 4.1, che fa riferimento al fatto che qualunque file archiviato su cloud o localmente attraverso la piattaforma sarà soggetto a monitoraggio. Se ciò non bastasse, anche l’articolo 4.2 non è stato ben accolto dalla community, visto che offre una sorta di “licenza non esclusiva” per il materiale creato.

Quest’ultima modifica, sebbene possa sembrare relativamente accettabile, per molti nasconde potenziali utilizzi dei contenuti generati dagli utenti per addestrare gli strumenti IA di Adobe, primo fra tutti Firefly.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti