Addio a Nitter, il servizio che permette di vedere i tweet accedere a X

Il front-end alternativo di X noto come Nitter chiude i battenti: le politiche di X non lasciano scampo al servizio.
Addio a Nitter, il servizio che permette di vedere i tweet accedere a X

Nitter, servizio noto per offrire la possibilità di visualizzare tweet senza dover accedere a X è stato chiuso definitivamente.

L’addio è dovuto alle modifiche della piattaforma, che di fatto ha da tempo intrapreso politiche alquanto restrittive per quanto concerne i servizi di terze parti. Nitter è stato a lungo un front-end alternativo, gestito dal gruppo ceco NoLog, ha sancito la fine del progetto attraverso una comunicazione ufficiale: “Nitter è finito: è stata una corsa divertente. Twitter ha bloccato l’ultimo modo conosciuto per accedere alla propria rete senza un account utente“.

In realtà, la morte di questo servizio era già nell’aria da diverso tempo. Circa otto mesi fa, infatti, X ha imposto nuove restrizioni API che non lasciavano presagire nulla di nuovo per Nitter e altre piattaforme simili.

Stop a Nitter, i contenuti X saranno meno accessibili dall’esterno

Il servizio in questione, a detta degli stessi gestori, è stato progettato per preservare la privacy degli utenti. Secondo NoLog, negli ultimi due anni la piattaforma ha inviato tramite proxy oltre 10 miliardi di richieste a X, proteggendo gli utenti da tracking relativo agli annunci pubblicitari. Il team di NoLog ha poi sottolineato come la gestione dei server costa circa 600 euro al mese, denaro ottenuto grazie alle donazioni degli utenti.

Nonostante ciò, esiste ancora una teorica possibilità di accedere ad X dall’esterno, adottando una soluzione improntata sui guest account. Questo è accessibile anche senza utilizzare e-mail, password o nomi utente e non richiede alcun tipo di registrazione. Di fatto, però, la chiusura di Nitter rende tutto molto più complicato.

Non è la prima volta (e neanche l’ultima) che piattaforme social e soluzioni di terze parti vanno in contrasto. Basti pensare al recente caso di Meta che ha gettato nello sconforto diversi marketer e piccole realtà aziendali.

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