In questi giorni impazza la polemica. Nel programma del neo-sindaco di Torino, Chiara Appendino, vi sarebbe un esplicito riferimento all’intenzione di spegnere anche hotspot e access point WiFi, ove non strettamente necessari, iniziando dalle scuole, considerate come ambienti sensibili da tutelare con maggior attenzione.
La Appendino ha poi chiarito di non aver mai parlato di “WiFi nocivo” e che anzi l’idea è quella di facilitare l’accesso alla connettività a banda larga in tutta la città piemontese.
Non ci sono evidenze scientifiche che attestino anche soltanto un potenziale rischio derivante dall’utilizzo di dispositivi che emettono onde elettromagnetiche. Né, tanto meno, ci sono riscontri in tal senso per quanto riguarda l’impiego di apparecchiature WiFi.
Certo, i dispositivi WiFi contribuiscono – loro stessi – all’inquinamento elettromagnetico. Ma il loro apporto è considerarsi talmente contenuto da perdersi nel “mare” delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti che permeano la nostra civiltà.
Nel caso dei router, degli access point e degli altri dispositivi WiFi le informazioni vengono trasferite usando lunghezze d’onda inferiori a quelle della luce (spettro ottico, visibile): in questi casi non vi sono rischi di alterazione delle molecole che compongono il tessuto del corpo umano (radiazioni non ionizzanti).
Già quest’affermazione, che si basa sui principi fisici illustrati anche nell’articolo Il Wi-Fi è pericoloso per la salute? I falsi miti da sfatare, dovrebbe essere sufficiente per evitare di parlare di principio di precauzione. È praticamente impossibile, infatti, parlare di rischi ipotetici o anche solo basati su indizi per ciò che riguarda l’utilizzo del WiFi.
Oltre ad avere a che fare con radiazioni non ionizzanti, le potenze in gioco sono davvero molto contenute.
Il segnale emesso da un router WiFi o da una scheda wireless installata in un personal computer è solitamente dell’ordine dei 100 milliwatt, valore che è ampiamente al di sotto della soglia considerabile come potenzialmente pericolosa.
In Italia, tra l’altro, qualunque privato può allestire un hotspot WiFi a patto di rispettare le potenze massime consentite ovvero 20 dBm EIRP o 100 mW (vedere gli articoli Router region, differenze tra le impostazioni regionali; Realizzare un collegamento WiFi a lunga distanza e Aumentare la copertura della rete WiFi).
Come qualunque altro segnale radio, anche il WiFi segue la legge dell’inverso del quadrato (così come la luce, il suono e la gravità): via a via che ci si allontana dal router o dal dispositivo WiFi, cioè, la potenza del segnale scende rapidamente. Basti pensare che se un router trasmette con una potenza pari a 100 mW (0,1 W), a distanza di due metri si assorbiranno appena 0,025 Watt; a quattro metri 0,00625 Watt e così via (la formula che viene seguita è molto semplice: 1/d2 dove d è la distanza dal router WiFi).
Nell’articolo Come scegliere una antenna WiFi abbiamo visto che l’antenna di un router WiFi è omnidirezionale: il segnale si diffonde come su una sfera facendosi rapidamente meno intenso nei punti più esterni della sfera.
Spegnere un router WiFi perché si hanno dubbi sulla sua potenziale pericolosità, non ha comunque alcun effetto se, ad esempio, non si spengono definitivamente il cellulare o lo smartphone: l’assorbimento di onde elettromagnetiche generate da un hotspot WiFi in un intero anno può essere paragonato ad una chiamata su telefonia mobile di appena 20 minuti.
Qualunque “precauzione” assunta in materia di WiFi, quindi, viene automaticamente annullata con l’utilizzo dei normali cellulari.
Prima di pensare al WiFi, forse, bisognerebbe chiedersi quanto possa far male – in proporzione – camminare per ore e ore sotto il sole cocente senza una adeguata protezione.
Le radiazioni caratterizzate da una lunghezza d’onda molto contenuta sono le più pericolose e sono dette ionizzanti (ultravioletto, raggi X, raggi gamma).
Ecco quindi che la radiazione solare può tradursi in un vero pericolo, molto più di quanto non lo sia il WiFi. Anche la radiazione ultravioletta emessa dal sole, prima fonte di tal genere di emissione, può interagire negativamente con l’organismo umano e provocarvi delle alterazioni.
In questi giorni ci siamo imbattuti in alcuni siti web che propongono fantomatiche soluzioni per sostituire i dispositivi WiFi.
Fermo restando che ciascuno è libero di comportarsi come meglio crede (scegliendo ad esempio di usare solo reti cablate), proprio per le ragioni sin qui illustrate, pare quanto meno fuori luogo il consiglio di dotarsi di un “adattatore” 3G/LTE con tanto di SIM da inserirvi per “tutelarsi dalle onde elettromagnetiche emesse dal router”.