Il Parlamento Europeo ha confermato i piani in tema di caricabatterie unico USB-C per tutti i dispositivi mobili commercializzati e acquistati dagli utenti entro i confini dell’Unione.
A stragrande maggioranza l’Europarlamento ha votato a favore dell’utilizzo di USB-C come porta di ricarica comune a un’ampia gamma di dispositivi elettronici di consumo, inclusi iPhone e AirPod. Le nuove disposizioni entreranno in vigore entro la fine del 2024.
Le resistenze più vigorose sono state quelle di Apple che storicamente ha preferito utilizzare la sua porta Lightning: ma anche la Mela si sta adeguando alla scelta fatta da altri produttori con cui si guarda appunto al connettore USB-C (o USB Type-C).
Obiettivo del legislatore è ridurre i rifiuti elettronici RAEE (11.000 tonnellate ne vengono prodotte ogni anno in Europa) facendo in modo che i caricabatterie siano basati sugli stessi standard e possano essere interoperabili.
In un altro articolo ci siamo chiesti e abbiamo visto se i caricabatterie USB-C sono intercambiabili e se quindi possano essere utilizzati da un dispositivo all’altro.
Secondo uno studio della Commissione un cittadino europeo possiede oggi almeno tre caricabatterie e ne usa due regolarmente. Il 38% delle persone riferisce però di non essere stato in grado di caricare il loro dispositivo mobile perché impossibilitato a individuare un caricatore compatibile.
Nel comunicato diffuso il 4 ottobre 2022 si fa presente che “indipendentemente dal produttore, tutti i nuovi telefoni cellulari, tablet, fotocamere digitali, auricolari e cuffie, console per videogiochi portatili e altoparlanti portatili, e-reader, tastiere, mouse, sistemi di navigazione portatili, cuffiette e laptop ricaricabili via cavo, che operano con una potenza fino a 100W, dovranno essere dotati di una porta USB-C. Tutti i dispositivi che supportano la ricarica rapida avranno la stessa velocità di ricarica, il che consentirà agli utenti di ricaricare i propri dispositivi alla stessa velocità con qualsiasi caricabatterie compatibile“.
Anche i laptop dovranno essere adeguati ai requisiti entro 40 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. Le esenzioni si applicano solo ai dispositivi che sono troppo piccoli per avere una porta USB-C come smartwatch, smartband e alcune attrezzature sportive.
Dopo aver tentato per più di un decennio di persuadere l’industria ad adottare uno standard comune, il legislatore dà quindi una vigorosa accelerata sul tema del caricabatterie unico.
Come abbiamo visto nell’articolo in apertura, non è però soltanto questione di connettore ma anche di protocollo perché è in base a quello che viene utilizzato che dispositivo e caricabatterie possono “negoziare” corrente e tensione gestibili in ingresso. Ogni produttore, inoltre, tende a usare il suo sistema per la ricarica rapida della batteria che non è compatibile e interoperabile con gli altri. Facciamo qualche nome: Qualcomm Quick Charge, MediaTek Pump Express, Oppo VOOC, Xiaomi SuperCharge Turbo, OnePlus Dash Charge, Huawei SuperCharge, Samsung Adaptive Fast Charging, Motorola Turbo Charge.
D’ora in poi si vuole “da un lato evitare che i produttori limitino senza motivo la velocità di ricarica e dall’altro garantire che essa sia uguale quando si usa un qualsiasi caricabatterie compatibile“.
Il legislatore fa presente anche che “la velocità di ricarica dovrà essere armonizzata per i dispositivi che supportano la ricarica rapida consentendo agli utenti di caricare i propri dispositivi alla stessa velocità con qualsiasi caricabatterie compatibile“.
Un po’ come stanno già facendo alcuni produttori di smartphone, l’Unione Europea sosterrà la vendita separata del dispositivo elettronico e del caricabatterie che deve insomma diventare un accessorio da acquistare solo quando realmente necessario.
La misura “permetterà ai consumatori di limitare il numero di nuovi caricabatteria acquistati con un risparmio di 250 milioni di euro l’anno spesi finora per l’acquisto di caricabatteria superflui“.
Il Parlamento ha inoltre prescritto che i produttori espongano informazioni chiare e un’etichettatura altrettanto inequivocabile sui nuovi dispositivi che contenga i dettagli circa le opzioni di ricarica previste e se il caricabatterie sia o meno incluso. “I consumatori potranno così compiere scelte consapevoli e acquistare o meno un nuovo dispositivo di ricarica con un nuovo prodotto“, si legge.
Con il crescente utilizzo della ricarica wireless, la Commissione europea dovrebbe presentare entro fine 2026 una strategia che permetta un minimo di interoperabilità tra qualsiasi nuova soluzione di ricarica. L’obiettivo è quello di evitare una nuova frammentazione del mercato scongiurando la produzione di ulteriori rifiuti elettronici, assicurare massima compatibilità ed evitare i cosiddetti “lock-in” creati da soluzioni di ricarica proprietarie.
Le nuove disposizioni entreranno quindi in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione mentre l’applicazione vera e propria inizierà, come detto, a distanza di 24 mesi ovvero alla fine del 2024. Le nuove regole non avranno validità per i prodotti immessi sul mercato prima della scadenza biennale.
È vero che man mano che la tecnologia di ricarica wireless diventerà più diffusa, la Commissione europea avrà modo di stabilire regole condivise anche su quel fronte ma per adesso la normativa si riferisce soltanto ai caricabatterie cablati.
Nulla vieta ad Apple e ad altre aziende di abbandonare completamente la ricarica via cavo e usare soluzioni di ricarica wireless, almeno in ambito europeo.
Apple sostiene che una regolamentazione severa che impone un solo tipo di connettore soffoca l’innovazione piuttosto che incoraggiarla. Secondo la Mela forzare il passaggio a USB-C contribuirebbe alla creazione di rifiuti elettronici anziché alla sua riduzione perché renderebbe ridondante l’ecosistema di accessori Lightning che per l’azienda di Cupertino, va detto, rappresenta un’importante fetta del suo business.
“Non credo che stiamo fissando qualcosa nella pietra per i prossimi 10 anni“, ha comunque puntualizzato Thierry Breton, Commissario europeo per il mercato interno e i servizi. L’idea è insomma quella di adattare dinamicamente le disposizioni di legge alle evoluzioni degli standard e del mercato nel suo complesso.