Tor è una piattaforma che non solo tutela la privacy degli utenti in rete ma ne tutela l’anonimato.
Il progetto è gestito e sviluppato da un’organizzazione senza scopo di lucro la cui missione è quella di tutelare diritti e libertà promuovendo e sostenendo tecnologie che permettono di raggiungere tale obiettivo.
Difensori dei diritti umani, tanti giornalisti e whistleblower di tutto il mondo si affidano ogni giorno a Tor per la privacy online, l’anonimato e l’elusione della censura.
In un altro articolo abbiamo presentato una guida a Tor per spiegare come funziona e come è strutturato il network.
Il fatto che i client Tor siano software liberi e open source significa che chiunque può esaminarne il codice sorgente.
Non sono solo i Paesi retti da regimi dittatoriali che utilizzano strategie volte a bloccare Tor: basti pensare alle ingerenze dei governi di alcune nazioni che si sono addirittura spinti a chiedere di eliminare l’utilizzo degli algoritmi crittografici o fornire backdoor.
È ovvio che c’è anche il lato oscuro di Tor: la piattaforma può essere utilizzata per scopi tutt’altro che legittimi e il dark web pullula di attività poste in essere da criminali che agiscono nell’ombra sfruttando quella stessa protezione che Tor accorda per tutti gli utilizzi legittimi.
Il problema è sempre lo stesso: come coniugare la libertà di espressione, i diritti del singolo, offrire la possibilità di segnalare illeciti senza temere ritorsioni con il blocco delle attività illecite? Difficilissimo. In ogni caso la responsabilità del singolo resta indipendentemente dal mezzo di comunicazione utilizzato.
A dicembre 2021 Tor Project, l’organizzazione responsabile dello sviluppo della piattaforma, ha segnalato che la Russia aveva iniziato a bloccare le comunicazioni anonime effettuate attraverso la rete.
La Russia è il secondo Paese con il maggior numero di utenti che si servono di Tor: ogni giorno ne fanno uso più di 300.000 persone ovvero il 15% del totale.
Com’è possibile bloccare Tor? Di solito il blocco avviene a livello di rete richiedendo l’intervento degli operatori di telecomunicazioni.
Tor pubblica una lista ufficiale di tutti i nodi di uscita: sono poco meno di 2.000 quindi è piuttosto semplice per un provider bloccare tutte le comunicazioni da e verso quei nodi.
Esistono poi elenchi che contengono anche nodi di uscita non ufficiali che spesso vengono ugualmente bloccati.
Il risultato? Chiunque provi a usare Tor non potrà uscire in rete usando un IP contenuto in blacklist e di fatto raggiungere i normali siti Web risulterà impossibile: non si potrà così usare un indirizzo IP diverso da quello assegnato dal provider di telecomunicazioni né superare eventuali censure.
Tor può essere però bloccato anche a livello di rete: a una prima analisi i pacchetti dati scambiati appaiono come le tante comunicazioni protette usando protocolli crittografici TLS. Andando più in profondità, però, le comunicazioni scambiate attraverso Tor hanno delle caratteristiche uniche. Alcuni provider possono esaminare i pacchetti in transito e interferire con il funzionamento di Tor causando malfunzionamenti e blocchi. In generale, però, il blocco è effettuato prendendo in esame gli indirizzi IP.
Per superare i blocchi Tor consiglia l’uso dei cosiddetti bridge: si tratta di relay che non sono presenti nell’elenco pubblico.
I bridge di Tor sono utili per gli utenti che si trovano soggiogati a regimi oppressivi e per coloro che desiderano contare su un livello aggiuntivo di sicurezza perché sono preoccupati dal fatto che qualcuno possa accorgersi del fatto che sta avvenendo una connessione verso un indirizzo IP di un relay pubblico.
In alcuni Paesi si sono individuati dei modi per rilevare e bloccare le connessioni ai bridge Tor. Ecco perché in caso di problemi Tor suggerisce di utilizzare un bridge privato: nel caso di Tor Browser eventuali modifiche possono essere applicate accedendo alle impostazioni e cliccando su Tor oppure digitando direttamente about:preferences#tor
nella barra degli indirizzi. Nella sezione Bridges si trova tutto l’occorrente.
Nel caso della Russia l’indagine svolta da OONI (Open Observatory of Network Interference) mette in evidenza il crollo registrato nell’utilizzo della rete Tor e la crescita dei bridge.