La durata di un’unità SSD dipende da così tanti fattori (in primis temperatura e carico di lavoro) che è molto difficile fare delle stime. Come abbiamo spiegato nell’articolo La durata degli SSD è un parametro di cui preoccuparsi? sarebbe bene evitare di considerare un’unità SSD come un supporto di memorizzazione a lungo termine.
All’interno di un SSD è consigliabile installare il sistema operativo e le applicazioni memorizzando invece i dati, soprattutto se oggetto di continue operazioni di scrittura, in un hard disk magnetomeccanico di tipo tradizionale. Va detto tuttavia che molti dei più moderni SSD sono in grado di sostenere operazioni di scrittura oltre i 2 petabytes prima di evidenziare problemi di affidabilità (valore che va oltre le più rosee aspettative e che generalmente supera quello riportato nelle stesse specifiche tecniche del produttore).
In queste ore si sta facendo un gran parlare, in Rete, di uno studio pubblicato da Alvin Cox (Seagate) che viene presentato come molto recente.
In realtà, basterebbe scaricare il file PDF dello studio di Cox, cliccare sul menu File del software per la gestione dei documenti PDF quindi su Proprietà. Ci si accorgerà che trattasi di una ricerca resa pubblica addirittura nel 2010, cinque anni fa.
Al di là dell’obsolescenza del documento cui fanno riferimento testate di mezzo mondo, è noto che temperature elevate danneggiano qualunque componente elettronico.
Nel caso degli SSD vale comunque la pena fare un discorso a parte.
Temperature elevate danneggiano gli SSD e i dati si perdono quando manca l’alimentazione
Esaminando le specifiche di un’unità SSD, si troverà certamente un riferimento al parametro Data retention.
Tale specifica fa riferimento al tempo durante il quale le celle di memoria dell’SSD manterranno il loro stato in mancanza di alimentazione.
Sulla carta tutti gli SSD MLC (Multi level cell) evidenziano un valore di data retention pari a 3 mesi. Ciò significa che lasciando un SSD non alimentato per oltre tre mesi (leggasi, ad esempio, un computer spento per tale lasso di tempo), si rischiano perdite di dati.
I più costosi SSD SLC (Single Level Cell) hanno valori di data retention migliori (tempi più lunghi; per le differenze tra SSD SLC, MLC e TLC, vedere l’articolo La durata degli SSD è un parametro di cui preoccuparsi?).
Va detto però che il valore di data retention si riferisce al caso peggiore ovvero che l’unità SSD abbia raggiunto la soglia massima di cicli P/E (program/erase) dichiarata dal produttore prima della rimozione dell’alimentazione.
Per ciclo P/E s’intende la sequenza di eventi che prevede la scrittura di dati nella cella di memoria NAND, la loro rimozione e quindi una successiva riscrittura.
Via a via che aumentano i cicli P/E cui è esposta un’unità SSD, più diminuisce il valore di data retention.
Non appena l’unità viene alimentata, il firmware dell’SSD verifica lo stato delle celle di memoria ed effettua, al bisogno, un’operazione di refresh. In assenza di alimentazione, tuttavia, nel caso peggiore in assoluto è possibile che le celle di memoria NAND inizino a perdere dati trascorsi 3 mesi se l’unità è utilizzata ormai da molto tempo.
Cox aveva a suo tempo acceso un faro sul problema della temperatura che, come più volte ricordato, gioca un ruolo fondamentale sulla durata degli SSD.
Nello studio di cinque anni fa si sosteneva come un aumento di 5 gradi della temperatura (con SSD non alimentato) contribuisse a ridurre la data retention della metà.
A pagina 27 del PDF è pubblicata una tabella che fornisce questo dato ottenuto a seguito di studi di laboratorio.
Ora, è in ogni caso complesso fare delle stime precise: ciò che è bene ricordare, comunque, è effettuare sempre il backup dei dati o comunque del contenuto delle unità SSD affidandosi ad esempio ad un comodissimo server NAS: Server NAS e cloud: differenze e cosa scegliere.
E per evitare spiacevoli incidenti, è bene non lasciare gli SSD che non sono più “di primo pelo” spenti per troppo tempo, consecutivamente, a temperature ambientali elevate.
Infine, come evidenziato anche nell’articolo Assemblare un PC: guida all’acquisto di aprile 2015 è sempre bene orientarsi su configurazioni hardware che prevedano l’utilizzo di due unità: un SSD per il sistema operativo, un hard disk tradizionale per i dati.
Tutto ciò premesso, spostare il sistema operativo su un SSD rimane una delle operazioni migliori per ridare vita, ad esempio, ad un sistema che sembra sempre più lento:
– Sostituire hard disk con SSD, come fare senza reinstallare tutto
– Come sostituire hard disk di un notebook con un SSD