Se ne è parlato poco ma qualche giorno fa, dopo più di due anni di battaglie, Telegram ha vinto il suo lungo “braccio di ferro” con le autorità russe. Ne avevamo parlato a suo tempo (La Russia si appresta a mettere al bando Telegram) documentando gli sforzi del Roskomnadzor, letteralmente “Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa“, organo della Federazione Russa che controlla le comunicazioni e relativo oscuramento, la privacy e le frequenze radio, nel bloccare la piattaforma di messaggistica ideata da Pavel Durov e, ad esempio, una serie di VPN (Russia, in vista un blocco sui servizi VPN più famosi e utilizzati).
La Russia, quindi, pare aver definitivamente accantonato le sue velleità di bloccare Telegram dopo che Durov aveva rispedito al mittente la richiesta di condividere la chiave per la decodifica dei messaggi scambiati dagli utenti sul network. Ricordiamo infatti che su Telegram (vedere Telegram, domande e risposte sul funzionamento dell’app di messaggistica) i messaggi vengono normalmente crittografati usando una chiave di cifratura nota ai gestori della piattaforma. A tutt’oggi la crittografia end-to-end viene abilitata solo nell’ambito delle chat segrete.
Durov ha però più volte ricordato come la crittografia end-to-end non possa mai rappresentare la panacea per tutti “i mali”. Essa, infatti, deve essere parte integrante di un sistema progettato per tutelare la sicurezza delle comunicazioni: WhatsApp non è sicuro: Pavel Durov accusa di nuovo l’app di Facebook.
Oggi Telegram conta 400 milioni di utenti attivi ogni mese in tutto il mondo, 30 milioni dei quali solamente in Russia, terra natale di Durov.