Gran lavoro, ultimamente, per l’Antitrust europea che riceve quest’oggi una seconda denuncia formale presentata nei confronti di Apple.
Questa volta, dopo le accuse di Spotify (che di fatto hanno ricevuto l’endorsement di Microsoft: Microsoft: scontro frontale con Apple in tema App Store) adesso sono i vertici di Telegram a scagliarsi contro la Mela.
Secondo la tesi di Telegram “Apple deve consentire agli utenti di avere la possibilità di scaricare software al di fuori dell’App Store“.
L’ideatore e CEO di Telegram, Pavel Durov, ha commentato che “ogni trimestre Apple riceve miliardi di dollari da app di terze parti. Le spese necessarie per ospitare e revisionare le stesse app sono per Apple nell’ordine delle decine di milioni, non si parla certo di miliardi di dollari. Lo sappiamo bene perché noi di Telegram ospitiamo e rivediamo più contenuti pubblici di quanto l’App Store potrà mai fare“.
Così, Telegram ha deciso di ricorrere alle vie legali rivolgendosi direttamente all’ufficio di Margrethe Vestager, Commissario europeo che si occupa di concorrenza, affermando inoltre che con il suo comportamento Apple starebbe ostacolando l’innovazione.
Dall’azienda guidata da Durov si fa presente che nel 2016 Apple avrebbe impedito il lancio di una piattaforma di gioco integrata in Telegram con la motivazione che essa andava contro le regole dell’App Store. Telegram ha rischiato di essere rimossa dall’App Store e ha dovuto desistere dai suoi piani. Per la società dell’imprenditore russo, il trattamento riservato a Telegram sarebbe una chiara dimostrazione dell’abuso del monopolio che Apple ha in questi anni stabilito a suo vantaggio.
“Per lo stesso motivo Apple è in grado di addebitare una colossale commissione del 30% sul fatturato di qualsiasi servizio digitale fornito dalle applicazioni pubblicate sull’App Store, incluse, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, le vendite delle applicazioni stesse o eventuali commissioni per servizi premium su tali app“, si legge nella denuncia di Telegram.
Apple ha sempre ripetutamente negato ogni addebito con Tim Cook che ha definito “ragionevoli e appropriate” le regole contrattuali dell’App Store.