Il braccio di ferro a distanza tra TIM ed Enel Open Fiber, con il Ministero nel mezzo, continua.
L’amministratore delegato di TIM, Flavio Cattaneo, ha confermato che l’azienda si è attivata per coprire in modo selettivo, in proprio e senza sovvenzioni pubbliche, il 50% delle zone a fallimento di mercato ove Open Fiber è autorizzata a portare la “fibra di Stato” in modalità FTTH realizzando le infrastrutture di rete.
TIM, che sta ancora cercando o comunque definendo il partner finanziario che assisterà l’azienda nella copertura delle aree bianche (TIM, banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato senza investimenti pubblici) ha invece in progetto di portare la fibra fino all’armadio stradale (FTTC, Fiber-to-the-Cab). L’ultimo tratto, fino al router del cliente, resterà in rame.
Il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ha pubblicato una nota ufficiale in cui si anticipa che presto i vertici di TIM verranno convocati per aprire un confronto diretto.
Inutile nascondersi dietro un dito: l’iniziativa promossa da TIM rischia di sparigliare le carte e minare alla base l’efficacia dell’azione di Open Fiber.
Di fatto TIM assicura di riuscire a fornire la fibra FTTC in molte aree bianche del Paese a prezzi inferiori rispetto all’impianto promesso da Open Fiber.
Dopo anni di mancati investimenti sulle aree a fallimento di mercato, TIM manifesta oggi un palese interesse a procedere autonomamente nelle stesse zone. “Quello del Governo“, ha dichiarato Cattaneo, “è un attacco degno gli un Paese dirigistico. Noi siamo un’impresa privata e in Italia c’è libertà di impresa. I nostri investimenti sono già iniziati, li abbiamo comunicati a tempo debito e secondo la legge“.
TIM è insomma sicura di avere la meglio nelle aree bianche, grazie anche al fatto di disporre già dei punti di consegna dai quali partire per offrire in tempi brevi la banda ultralarga ai clienti finali.
Riferendosi alla fibra FTTH di Open Fiber che, sulla carta, dovrebbe portare fino a 100 Mbps, Cattaneo attacca: se è vero che avrà costi contenuti e sarà più veloce “benissimo. Se ciò è vero, allora tutti i clienti sceglieranno quella. Ma non significa che il privato non può fare un upgrade della sua rete. O vogliono impedircelo? Se il piano del Governo fallirà il problema è di chi lo ha scritto“.
Da parte sua il MISE ha chiarito che il piano per la copertura in banda ultralarga delle aree digital divise del Paese (aree bianche o a fallimento di mercato) è partito da un’ampia consultazione con gli operatori al fine di verificare dove era necessario l’intervento dello Stato e dove invece gli operatori avevano piani di investimento, per evitare dispersione di risorse pubbliche concentrandole ove ve n’è effettivamente il bisogno.
“Al termine della Consultazione tutti gli operatori hanno comunicato con dichiarazione formale e vincolante di non essere interessati ad investire nelle aree bianche identificate, mappate e sottoposte alla Consultazione. La Commissione europea ha conseguentemente approvato il piano di intervento il 30 giugno 2016“, osserva il MISE. “La Commissione ha altresì disposto nella propria decisione che eventuali modifiche delle intenzioni degli investitori potevano essere prese in considerazione per le aree non ancora interessate dai bandi“.
Nel caso specifico, il MISE ricorda che TIM – dopo l’iniziale partecipazione con la presentazione di offerte per tutti i lotti – il 23 dicembre 2016 ha invece comunicato la modifica del suo piano di investimenti e di voler intervenire direttamente in alcune aree bianche (meno del 10% di quelle oggetto del bando di gara) non avendo più interesse a intervenire in alcune aree grigie a parziale fallimento di mercato.
Il Governo, viene ribadito, “non può ridefinire i contenuti di un progetto prioritario per il Paese, che comporta procedure di gara lunghe e complesse, che necessitano tra l’altro dell’approvazione europea, sulla base dei cambiamenti di strategia di un operatore, comunicati fuori dalle procedure previste“.
Viene quindi criticata la decisione di TIM che rischierebbe di squilibrare il conto economico della concessione per la gestione della rete pubblica i cui calcoli sono stati fatti sulla base dell’intera area oggetto del bando.
“Il Governo italiano non ha ovviamente alcuna intenzione di impedire o ostacolare investimenti di TIM che risultino compatibili con gli impegni legali assunti e la normativa comunitaria di riferimento. Qualora invece mancassero questi presupposti il Governo agirà, com’è doveroso, per tutelare l’interesse pubblico“, conclude la nota.
Per il terzo bando (copertura delle aree bianche di Puglia, Calabria e Sardegna), verrà riaperta la consultazione per dare l’opportunità a tutti gli operatori (TIM compresa) di condividere le loro modifiche ai piani di investimento.
I lavori di Open Fiber dovrebbero terminare entro 36 mesi (Fibra ottica Open Fiber nelle aree digital divise: quando cominciano i lavori) ma l’iniziativa di TIM potrebbe contribuire a rallentare i piani di copertura.