Sun Microsystems aveva offerto a Google la licenza d’uso della tecnologia Java per la una somma pari a 100 milioni di dollari. Lo ha rivelato un legale del colosso di Mountain View con l’intento, molto probabilmente, di dimostrare quanto siano fuori luogo, almeno apparentemente, le richieste plurimiliardarie recentemente avanzate da Oracle.
William Alsup, il giudice designato ad esprimersi sulla vertenza che ha visto Oracle accusare Google di violazione di brevetto per quanto riguarda l’implementazione della virtual machine Dalvik nel sistema operativo Android, ha evidenziato delle debolezze nelle argomentazioni di entrambe le parti.
Uno dei difensori di Google, Robert Van Nest, ha dichiarato che l’esperto di Oracle chiamato in causa non avrebbe direttamente correlato i brevetti di proprietà dell’azienda con la stima dei danni che essa avrebbe subìto. Inoltre, l’esperto ignorava l’accordo triennale che Sun propose a suo tempo a Google e che la società decise di rigettare (lo sviluppo di Android era appena agli albori).
Ma se Google negoziò in qualche modo un possibile accordo di licensing riguardante Java, ha osservato il giudice Alsup, ciò non dimostra che con Android l’azienda era già consapevole di essere in procinto di violare dei brevetti detenuti da Sun?
Van Nest ha risposto al quesito di Alsup spiegando che i colloqui tra Sun e Google non avevano come oggetto, semplicemente, un accordo per la concessione dei diritti di licenza ma si inserivano in una possibile partnership fra le due realtà mirata allo sviluppo coordinato di Android.
Non appena i negoziati fallirono, ha precisato il legale di Google, la società di Page e Brin sviluppò una versione “ripulita” di Java utilizzando tecnologia sviluppata sia internamente che concessa in licenza dall’Apache Software Foundation.
Non è dato sapere come si comporterà adesso il giudice: gli osservatori ritengono, però, che la richiesta di risarcimento danni presentata da Oracle sia valutata da Alsup come piuttosto eccessiva.
Visione diametralmente opposta per Oracle che appare determina ad ottenere un rimborso per danni che, secondo la tesi dell’azienda, hanno un impatto enorme, sull’intero mercato. Steven Holtzman, legale di Oracle, ha poi aggiunto di essere in possesso di documenti firmati Google che dimostrerebbe in maniera lampante le violazioni commesse dall’azienda di Mountain View. L’azienda, però, non è intenzionata a mostrare tali carte durante un’audizione pubblica.
Sotto la richiesta incalzante del giudice Alsup, Holtzman è stato costretto a chiarire di che natura fossero i documenti in suo possesso. L’avvocato di Oracle ha quindi letto un pasaggio di un’e-mail che sarebbe stata spediata da Andy Rubin, responsabile della divisione Android di Google: “ciò che abbiamo chiesto a Larry e Sergey è di verificare quali alternative tecnologiche vi siano rispetto a Java per Android e Chrome. Abbiamo esaminato centinaia di opzioni ma sono tutte inadeguate. Abbiamo concluso, quindi, che abbiamo bisogno di negoziare una licenza per la tecnologia Java“.
Il legale di Google, Van Nest, ha però sostenuto che l’e-mail sarebbe stata redatta solamente l’anno scorso, ben oltre la conclusione dello sviluppo di Android. “E perché mai stavate cercando alternative a Java?“, ha chiesto il giudice Alsup. Perché Oracle aveva minacciato l’avvio di una causa multimiliardaria e Google era alla ricerca di un’alternativa, si è giustificato Van Nest.
Jonathan Schwartz, ex CEO di Sun, aveva reso la sua testimonianza nei giorni scorsi osservando come, secondo lui, Android non frammentasse la piattaforma Java e come il sistema operativo sia basato sulla tecnologia sviluppata da Google o concessa in licenza dall’Apache Software Foundation.
A questo punto, a meno di accordi tra le parti, il caso tornerà ad assere discusso a partire dal prossimo 31 ottobre.