È certamente uno degli argomenti più delicati e, allo stesso tempo, più importanti in assoluto: la presunta relazione tra l’utilizzo di telefoni cellulari e smartphone e l’insorgenza di patologie tumorali.
A fine febbraio scorso avevamo dato conto delle conclusioni cui erano pervenuti gli studiosi del National Institutes of Health statunitense, uno dei più famosi e autorevoli centri di ricerca mondiali in campo medico.
Oggi lo stesso ente ha pubblicato i risultati definitivi dello studio durato ben 10 anni, presentato alcuni mesi fa e incentrato sulle verifica del potenziale collegamento tra utilizzo intensivo del cellulare e cancro.
Nelle conclusioni alle quali si è pervenuti in data odierna si legge che non è stata dimostrato un incremento rilevante nell’incidenza tumorale durante la prolungata esposizione di ratti e topi a radiazioni a radiofrequenza (RFR). I ricercatori, però, hanno espressamente dichiarato che non è possibile escludere che le RFR siano carcinogene. Di fatto ciò che si è sempre sostenuto fino ad oggi.
Non sono bastati quindi 10 anni e 25 milioni di dollari di investimenti per giungere a conclusioni definitive sull’argomento.
Scendendo un po’ più nel dettaglio i ricercatori hanno esposto una popolazione di topi e ratti ad emissioni a 900 e 1900 MHz per 9 ore al giorno applicando valori di potenza compresi tra 1 e 10 Watt per chilogrammo di peso.
Basti pensare che la FCC (Federal Communications Commission) impone un’esposizione massima di 0,08 Watt per chilogrammo e il valore massimo consentito, per i soggetti che – per lavoro – devono esporsi alle radiazioni elettromagnetiche dei dispositivi per le telecomunicazioni non può assolutamente superare i 20 Watt/kg per un massimo di 6 minuti.
I livelli di RFR ai quali sono state esposte le cavie sono quindi da considerarsi ordini di grandezza più elevati rispetto a quelli che gli utenti normali sperimentano tutti i giorni durante l’impiego di un cellulare o di uno smartphone.
A seguito dell’esposizione prolungata sulle frequenze dei 900 MHz, gli esperti hanno individuato qualche evidenza tumorale maligna di Schwannoma nei tessuti che cingono i nervi nei cuori dei ratti maschi, ma non nei ratti o topi femmina.
Evidenze di gliomi cerebrali maligni e di manifestazioni tumorali a livello delle ghiandole surrenali sono state invece rilevate in alcuni ratti di sesso maschile.
A 1900 MHz, poi, sono state individuate evidenze “equivoche” a livello di polmoni, fegato e altri tessuti sia nella popolazione maschile che femminile.
Ciò che appare evidente è che se almeno potenzialmente qualche legame tra le emissioni dei telefoni cellulari e i tumori via possa davvero essere, l’incidenza sarebbe davvero minima se si considerano i livelli di esposizione estremi ai quali è stato sottoposto l’intero corpo della popolazione di cavie composta da ratti e topi.
Questo documento riassume le metodologie per l’effettuazione dei test e le conclusioni cui sono pervenuti gli esperti. Le argomentazioni tecnico-scientifiche possono essere consultate nel loro complesso a questo indirizzo.
È ovvio che un utilizzo attento dei dispositivi mobili, evitando soprattutto di tenerli a contatto con l’orecchio per lungo tempo, è certamente consigliabile.
Inoltre, nell’articolo Smartphone che emettono più radiazioni: quali sono? abbiamo spiegato che cos’è il valore SAR (Specific Absorption Rate) e come aiuta a verificare la quantità di potenza da radiofrequenze assorbita dal corpo umano nell’unità di tempo quando esso viene esposto al campo elettromagnetico prodotto da ciascun modello di cellulare o smartphone.
Nell’articolo Radiazioni smartphone: i parametri SAR aggiornati dei vari modelli potete trovare i nomi degli smartphone contraddistinti dalle emissioni di maggiore entità.