Le lunghezze delle onde radio sono inversamente proporzionali alle frequenze spettrali: quando le frequenze sono elevatissime – oltre i 60 GHz – le lunghezze d’onda sono dell’ordine del millimetro. Da qui l’espressione “onde millimetriche“.
Le tecnologie di comunicazione 5G sfrutteranno ampiamente, in futuro, le onde millimetriche anche se per il momento in Italia il bando di gara indetto dal Ministero riguarda, al massimo, le frequenze sui 26,5-27,5 GHz (dai 6 GHz ai 43 GHz si parla di microonde).
L’uso delle onde millimetriche aprirà scenari impensabili appena fino a qualche anno fa dal momento che potranno essere impiegate anche per connessioni punto-punto.
Nel front/backhauling di piccole celle le onde millimetriche si riveleranno particolarmente utili, soprattutto dal punto di vista dei costi e delle prestazioni (su distanze fino a 5-10 chilometri) rispetto all’uso della fibra ottica. L’importante, ovviamente, è che le antenne siano posizionate in condizioni di perfetta reciproca visibilità.
Qualcomm, da parte sua, ha presentato la sua prima antenna a onde millimetriche: contraddistinta dalla sigla QTM052, ha dimensioni davvero contenute e permetterà, almeno sulla carta, di raggiungere fino a 5 Gbps con una più realistica velocità di trasferimento dati di 1,4 Gbps.
Il potenziale derivante dall’utilizzo di antenne basate sullo sfruttamento delle onde millimetriche è enorme secondo Qualcomm, soprattutto nelle aree più densamente popolate.
Negli scenari tipici dal punto di vista dell’utente finale, le onde millimetriche hanno un raggio di copertura molto limitato e il segnale è influenzato in modo particolarmente incisivo anche dalla semplice presenza di persone, anche in movimento, e ostacoli.
Semplicemente tenendo lo smartphone in mano in modalità landscape, quindi in orizzontale, le prestazioni potrebbero decadere.
Qualcomm spiega però di essere riuscita a ottenere qualcosa che fino a ieri si riteneva impossibile da raggiungere: aprire all’utilizzo delle onde millimetriche anche sui dispositivi ultracompatti come sono gli smartphone.
L’idea è quella di integrare più antenne nel dispositivo mobile cosicché almeno una possa garantire una buona ricezione del segnale.
Grazie all’utilizzo del beamforming, il segnale può essere “orientato” proprio verso il dispositivo mobile con antenna a onde millimetriche che ha stabilito la connessione.