Windows 7 e Windows XP sono indubbiamente i sistemi operativi dell’intera storia di Microsoft più amati dagli utenti. Entrambi “duri a morire”, ad oggi Windows 7 conta ancora il 16% delle quote di mercato (fonte: GlobalStats statcounter, luglio 2021) nonostante il sistema operativo sia stato ritirato a gennaio 2020.
Considerando che Windows 10 è il sistema operativo più utilizzato con il 78,4% delle quote di mercato e che Microsoft ne ha certificato l’installazione su 1,3 miliardi di dispositivi si può stimare che Windows 7 sia ancora installato su oltre 260 milioni di sistemi.
Alle porte c’è Windows 11 (il sistema operativo sarà distribuito in versione finale nella seconda metà del mese di ottobre prossimo) ma gli utenti di Windows 7 non sembrano ancor oggi voler abbandonare la piattaforma, nonostante Microsoft non rilasci più neppure gli aggiornamenti di sicurezza (fa eccezione il programma a pagamento ESU per Windows 7).
Perché Windows 10 diventerà un nuovo Windows 7
Sorprendendo molti Microsoft ha deciso di rilasciare una nuova major release del suo sistema operativo: Windows 11. Si è preferito accantonare l’idea di introdurre nuovi aggiornamenti delle funzionalità in Windows 10 con i feature update semestrali o annuali per voltare pagina.
Con il lancio di Windows 11 l’esperienza di Windows 10 viene così dichiarata superata.
È vero che il lancio di una nuova versione di Windows di solito ha contribuito a rinvigorire il mercato dei PC ma le novità di Windows 11 sono tali da giustificare una nuova major release. Molto probabilmente no.
Tutte le novità sino ad oggi introdotte si sarebbero potute aggiungere a Windows 10 con il prossimo feature update autunnale (Windows 10 21H2) che comunque verrà pubblicato.
Perché secondo noi Windows 10 è destinato a diventare un nuovo Windows 7 (o Windows XP)?
1) Windows 10 sarà supportato fino al 14 ottobre 2025. Se l’idea di Microsoft era quella di evitare la frammentazione e portare gli utenti su un unico sistema operativo il rilascio di Windows 11 certamente non sarà d’aiuto.
Windows 10 sarà infatti supportato fino al 14 ottobre 2025: ciò significa che per tutte le edizioni del sistema operativo Microsoft si impegna a rilasciare aggiornamenti per la sicurezza almeno fino a tale data. Per arrivare a ottobre 2025 ci sono ancora più di 4 anni: un’eternità dal punto di vista informatico.
2) Tanti utenti sono restii ad aggiornare a una successiva versione di Windows. Mentre molti hanno già installato le versioni di anteprima di Windows 11 e attendono la pubblicazione della release finale, c’è un importante zoccolo duro di utenti che sono restii ad aggiornare a una successiva versione del sistema operativo.
In tanti resteranno quindi con Windows 10 fintanto che sarà possibile e anche dopo la fine del supporto extended (ottobre 2025).
I professionisti e le aziende potranno infatti valutare l’adesione al programma a pagamento ESU mentre gli altri potranno applicare gli aggiornamenti correttivi di una realtà come 0patch. Nell’ambito del progetto 0patch gli sviluppatori si impegnano a rilasciare aggiornamenti non ufficiali per le vulnerabilità più critiche e per le versioni di Windows non più supportate (o per le lacune di sicurezza che Microsoft non ha ancora corretto).
3) I sistemi ante-2017 non sono compatibili con Windows 11. Come abbiamo ricordato in altri articoli, Windows 11 non supporta i processori Intel antecedenti ai Kaby Lake (ottava generazione, numero “8” come prefisso nella sigla del modello) e le CPU AMD precedenti i Ryzen 2000.
Nonostante si tratti di piattaforme perfettamente utilizzabili con Windows 10, Microsoft ha deciso di “tagliare i ponti” con i processori più datati.
Si tratta di CPU che sono state lanciate nel 2017, il che significa che se il vostro computer è del 2016 o più vecchio non sarete in grado di eseguire Windows 11, a meno di un utilizzare qualche “gabola” che l’azienda di Redmond promette di bloccare.
Un esempio su tutti un processore ad alte prestazioni (HEDT) lanciato nel 2016 al prezzo di 1.700 dollari come l’Intel Core i7-6950X (octa-core, 16-thread) non è nella lista delle CPU compatibili con Windows 11.
L’aspettativa di vita di un computer è molto variabile ma alcuni sistemi possono tranquillamente arrivare a 8-10 anni o anche più. Bloccare l’installazione di Windows 11 su sistemi basati su processori di 4 o 5 anni fa non è una grande idea anche perché quelle stesse CPU sono oggi in grado di eseguire Windows 10 in maniera davvero performante.
Difficile aspettarsi che gli utenti di Windows 10 possano migrare in massa a Windows 11.
Windows 11 è inoltre il primo sistema operativo Microsoft che non viene più distribuito nelle versioni a 32 bit ma soltanto in quelle a 64 bit.
4) Attivazione del chip TPM 2.0 e del Secure Boot. Non tutti i sistemi dispongono del chip TPM 2.0 a livello di scheda madre. Per installare Windows 11 gli utenti dovrebbero verificarne la presenza sul proprio sistema oppure attivare il supporto delle specifiche TPM 2.0 a livello di processore abilitando da BIOS UEFI l’architettura Intel Platform Trust Technology (PTT) oppure AMD fTPM.
L’utilità gratuita WhyNotWin11 aiuta a capire se qualche aspetto della configurazione del PC impedirà l’installazione di Windows 11 e l’aggiornamento a questo sistema operativo.
In figura l’esempio di un sistema che potrebbe essere aggiornato a Windows 11 se non per via del processore Intel di settima generazione in uso con Windows 10.
Con alcune schede madri alcuni utenti potrebbero trovare qualche difficoltà nell’individuare l’opzione corretta per attivare TPM, fTPM (Intel Platform Trust Technology (PTT) o AMD fTPM) e funzionalità Secure Boot.