Opera e Mozilla non hanno alcuna intenzione di seguire le orme di Google per ciò che concerne l’esecuzione di codice nativo entro il browser web.
La tecnologia “Native Client” (abbreviato, “NaCl“; il sale da cucina – cloruro di sodio – non c’entra nulla…), presentata qualche tempo fa da Google, vuol permettere la gestione e l’esecuzione di codice x86 direttamente dal browser web. Secondo quanto dichiarato dai tecnici della società, la piattaforma “Native Client” non deve vincolare all’uso di uno specifico browser, dovrà essere portabile e quindi impiegabile sui diversi sistemi operativi disponibili sul mercato e dovrà offrire adeguate garanzie in termini di sicurezza.
L’intento di Google è quello di integrare “Native Client“, innanzi tutto in Chrome, con l’obiettivo – probabilmente – di far progredire ulteriormente i servizi web dell’azienda. Si vogliono offrire applicazioni web sempre più complesse, in grado di competere con i più famosi software commerciali, pur funzionando completamente da browser e risiedendo “fisicamente” su server remoti.
Secondo Charles McCathieNevile, chief standards officer di Opera, il plugin “Native Client” non può essere il precursore di una tecnologia utilizzabile, a largo spettro, nel prossimo futuro. McCathieNevile valuta gli sforzi di Google dei buoni esperimenti ma non crede che possano essere sfruttati su vasta scala: “il codice JavaScript viene oggi eseguito in modo sempre più performante“, ha osservato “e qualsivoglia beneficio, in termini prestazionali, sia possibile ottenere ricorrendo all’uso di codice nativo non giustifica le tante complicazioni che porta sul tavolo“. Rendendo possibile l’esecuzione di codice nativo da parte del browser, si minerebbe alla base il concetto di semplicità che ha sinora governato il web.
Jay Sullivan, vice presidente dei prodotti Mozilla, ha fatto eco alle parole della società norvegese: “il web è per noi un posto ove gli sviluppatori possano impiegare tecnologie basate sull’uso di linguaggi di scripting capaci di interagire con gli altri elementi che compongono una pagina. Le applicazioni native sono una sorta di “buchi neri” nelle pagine web. Crediamo, innanzi tutto, sul supporto di HTML: è questo il nostro punto fermo“.
L'”opensource evangelist” di Mozilla, Chris Blizzard, ha voluto imitare il funzionamento di un’applicazione, che sfrutta codice nativo, messa a punto da Google. In questo video, il colosso di Mountain View aveva mostrato la versione basata su codice nativo di un editor fotografico. Blizzard ha “convertito” la medesima applicazione facendo esclusivamente uso di codice JavaScript. La versione di Google riesce a mostrare 15 frame al secondo mentre quella di Blizzard 7 frame al secondo. L’esperimento, tuttavia, è andato a buon fine: premesso che le performance nell’esecuzione di codice JavaScript, da parte dei vari browser disponibili sul mercato sono suscettibili di continui miglioramenti, Blizzard ha voluto evidenziare come le stesse operazioni possano essere compiute usando un linguaggio di scripting qual è JavaScript, senza necessariamente ricorrere a codice nativo.