Alcuni ricercatori dell’Università della Carolina del Nord (Stati Uniti) sono convinti che sia possibile realizzare chip più performanti senza necessariamente doverli rendere di più piccole dimensioni.
Nella progettazione e successiva produzione dei transistor, infatti, sono stati ormai raggiunti limiti fisici invalicabili tanto che, da tempo, si parla di materiali alternativi al silicio. La legge di Moore è considerata dai più ormai morta e sepolta (vedere La legge di Moore è ancora valida? Nature ne celebra la fine) anche perché la miniaturizzazione dei transistor si è spinta davvero troppo avanti.
Si parla dei futuri processi costruttivi a 10 e, addirittura, 7 nm che in casa Intel hanno spesso dovuto subire qualche battuta d’arresto proprio in forza delle problematiche legate alla progettazione e alla produzione sperimentale.
Per Behnam Kia, leader del gruppo di accademici statunitensi, sarebbe importante cominciare ad allontanarsi dalla corsa ossessiva alla miniaturizzazione.
In ogni chip, spiega Kia, sono presenti una serie di circuiti che fanno uso di transistor: ciascuno è studiato per svolgere un determinato compito.
Si immagini una fabbrica dove ciascun circuito è assimilabile a un dipendente che tiene in mano una calcolatrice. Il lavoro consiste, giornalmente, nell’effettuare la stessa identica operazione di calcolo. Col tempo, dal momento che le richieste di calcolo sono cresciute, la fabbrica è stata “popolata” con ulteriori dipendenti, riducendo gli spazi assegnati a ciascuno di loro. Ogni dipendente, però, ha continuato ad occuparsi dello stesso calcolo matematico.
Kia spiega che nel paragone coi dipendenti dell’azienda, molti transistor vengono spesso lasciati senza far nulla perché l’effettuazione di quel calcolo non è necessaria.
Ispirandosi alla teoria del caos (il sistema in sé è non lineare), è possibile pensare di programmare i circuiti in maniera tale che possano svolgere compiti differenti.
In questo modo, anziché aggiungere dipendenti alla fabbrica (transistor), si può addestrarli a compiere calcoli diversi.
Sempre secondo Kia, sebbene lo studio abbia ancora una valenza teorica, creare un transistor programmabile non è cosa complessa. Gli studiosi della Carolina del Nord ritengono che questi chip riconfigurabili possano essere messi a punto usando gli stessi strumenti che Intel già impiega oggi nelle sue linee di produzione.
Il “cambio di approccio” proposto potrebbe quindi essere la soluzione per incrementare la potenza dei processori nel frattempo che scienziati e ingegneri dei materiali riescano a individuare “i supporti” per realizzare chip con processi produttivi sotto i 5 nm.