Mentre in Italia ed in Europa si prova a regolamentare l’utilizzo dei cookie imponendo nuovi obblighi a carico di chi gestisce qualunque tipo di sito web, sia a livello amatoriale che professionale, sono in molti a far presente come possa trattarsi, in realtà, di una questione di lana caprina.
Con la diffusione dei dispositivi mobili, infatti, di smartphone e tablet, i cosiddetti “over the top” (società come Facebook, Google ed Apple, ad esempio) hanno iniziato a fare meno affidamento sull’utilizzo dei cookie (nell’articolo Che cosa sono i cookie: la verità su come gestirli, rimuoverli e difendere la privacy sul web tutti i dettagli sul loro funzionamento).
L’avvento dei device mobili ha obbligato le più grandi aziende a studiare nuove metodologie per tenere traccia delle abitudini e delle preferenze degli utenti su una vasta schiera di dispositivi differenti tra loro.
Nel 2007 Apple decise di bloccare l’utilizzo dei cookie sui suoi iPhone perché riteneva che gli inserzionisti potessero abusarne. I cookie continuano ad essere gestiti da Google Chrome e, comunque, dai browser installabili su Android. In ogni caso, dal momento che i cookie di terze parti possono al limite essere utilizzati per tracciare un utente che utilizza il browser, non possono essere impiegati durante l’utilizzo delle app sui device mobili.
Facebook e Google stanno allora utilizzando la tecnologia SSO (Single sign-on) per raccogliere informazioni sugli “spostamenti” di un utente quando, ad esempio, questi si logga con il proprio account a siti web gestiti da terze parti.
Il social network di Mark Zuckerberg, in particolare, potrà utilizzare servizi come Instagram e Whatsapp oltre alle applicazioni quali Facebook Messenger e Paper per raccogliere ulteriori informazioni, combinandole con i dati conferiti sul sito dagli oltre 1,3 miliardi di iscritti.
Qualche giorno fa, inoltre, Facebook ha confermato di aver messo a punto una nuova versione di Atlas, piattaforma di advertising acquistata da Microsoft lo scorso anno. Facebook utilizzerà questo strumento per visualizzare informazioni pubblicitarie all’infuori del suo attuale ecosistema di app e servizi.
Google, oltre, alla tecnologia SSO può contare sull’identificativo univoco che viene assegnato ad ogni dispositivo Android: molti degli strumenti usati da Google per l’esposizione di messaggi pubblicitari (AdSense, AdMob e DoubleClick) fanno riferimento proprio a tale ID. Combinando tale informazioni con i dati raccolti durante l’utilizzo del motore di ricerca, di YouTube, di Gmail e degli altri servizi della società, Google può compilare una sorta di dossier digitale su ciascun utente.
Anche Apple utilizza un approccio simile: la login dell’utente, infatti, viene collegata al cosiddetto IDFA (identifier for advertisers), stringa identificativa univoca che viene attribuita ad ogni dispositivo a cuore iOS. L’indirizzo e-mail dell’utente, legato a tutti i servizi Apple su iOS e Mac OS X, insieme con l’account iTunes consentono di unire a doppio filo ogni utente con l’intero ecosistema della mela morsicata.
Su Android, chi volesse disabilitare l’utilizzo dell’identificativo Google, può accedere alle impostazioni di sistema, selezionare l’account Google, “tappare” su Annunci quindi disabilitare la casella Disattiva annunci basati sugli interessi (maggiori informazioni nell’articolo Google traccia gli utenti online? Ecco gli strumenti utilizzati).
Su Apple iOS, invece, gli utenti possono seguire la guida pubblicata dalla società di Tim Cook in questa pagina.
Intanto, però, Unione Europea e Garanti Privacy hanno preferito concentrarsi sull’utilizzo dei cookie da parte dei siti web imponendo una serie di regole piuttosto strigenti. Maggiori informazioni sulla cosiddetta “legge sui cookie” sono reperibili nel nostro articolo Regolamento cookie: obblighi per chi gestisce un sito.