Dopo l’apertura di un fascicolo a carico di Apple da parte delle autorità antitrust europee, il presidente di Microsoft – Brad Smith – ha voluto dire la sua osservando che alcuni app store creerebbero importanti barriere alla libera concorrenza e causerebbero molti più problemi di quelli che furono contestati all’azienda di Redmond 20 anni fa.
Smith non ha citato esplicitamente Apple ma il riferimento all’App Store della Mela è palese: secondo l’Antitrust europea, la società guidata da Tim Cook potrebbe aver utilizzato un impianto che di fatto costringerebbe gli sviluppatori di applicazioni a versare all’azienda una quota parte rilevante dei loro introiti usando un approccio che potrebbe essere valutato come scorretto.
L’inchiesta era stata avviata lo scorso anno dopo una denuncia formale presentata da Spotify in cui Apple era accusata di favorire indebitamente i suoi servizi a danno della concorrenza: Dopo la denuncia di Spotify contro Apple, la Commissione Europea avrebbe aperto un fascicolo.
Apple aveva risposto per le rime a Spotify rigettando ogni accusa (Apple risponde duramente all’esposto presentato da Spotify) ma oggi il comportamento tenuto dalla Mela viene ufficialmente posto sotto la lente. E non solo per quanto riguarda l’App Store ma anche con riferimento ad Apple Pay: la contestazione è che la società avrebbe fatto in modo di bloccare i servizi di pagamento di terze parti (alternativi ad Apple Pay) adducendo motivazioni tecniche che potrebbero rivelarsi non plausibili.
Da parte sua, il presidente di Microsoft ha gettato benzina sul fuoco sostenendo che è davvero l’ora che le Autorità, non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti, verifichino il funzionamento degli app store di ciascun vendor e le “tattiche” da questi utilizzate.
Secondo Smith, “alcuni” app store (ma il riferimento a quello di Apple sembra evidente “leggendo tra le righe”…) “impongono requisiti sempre più stringenti come per dire che per accedere alla piattaforma (leggasi l’ecosistema iOS e macOS) gli sviluppatori debbono necessariamente transitare per il cancello creato dal gestore dello store. In alcuni casi viene richiesto un prezzo molto elevato per ogni ingresso, il alcuni casi il 30% delle entrate ricevute dagli utenti“.
Smith prosegue sostenendo che è giunta l’ora di verificare se sia ammissibile proseguire con il modello di business che alcuni stanno utilizzando e se davvero le autorità antitrust possano accettare quanto accaduto fino ad oggi.
Ovviamente anche Microsoft è direttamente toccata dalla politica perseguita da Apple: anche la società di Redmond pubblica sull’App Store un pacchetto a pagamento come Office e per tale prodotto l’azienda deve conferire ad Apple fino al 30% del prezzo pagato per l’attivazione di ciascun abbonamento. Microsoft e gli altri sviluppatori non possono neppure indicare ai clienti di registrarsi su una piattaforma diversa da quella Apple perché ciò costituirebbe una violazione delle condizioni fissate dalla Mela.
Apple ha reagito alla notizia dell’indagine avviata in terra europea così commentando: “è deludente che la Commissione Europea stia dando credito a lamentele infondate avanzate da una manciata di aziende che vogliono semplicemente un “giro gratis” senza adeguarsi alle regole del gioco seguite da tutti gli altri“.