Microsoft è attivissima nello sviluppo e nell’ottimizzazione delle tecnologie per il riconoscimento facciale. La piattaforma Azure mette ad esempio a disposizione degli sviluppatori apposite API chiamate Viso che permettono di rilevare e confrontare i volti, organizza le immagini in gruppi in base alle somiglianze, identificare le persone taggate in precedenza nelle immagini ed eseguire le elaborazioni in cloud oppure anche in locale. Noi stessi abbiamo parlato dei servizi cognitivi di Azure (Applicazioni più intelligenti con Azure Cognitive Services e Bot Framework).
Il riconoscimento facciale, poi, è da tempo sbarcato in Windows 10 con la piattaforma Windows Hello.
Eppure, secondo Brad Smith, presidente e responsabile degli affari legali di Microsoft, è giunta l’ora che l’industria cominci a “darsi delle regole”.
Durante un incontro presso la Brookings Institution, Smith ha avanzato una serie di preoccupazioni spiegando che le aziende IT sono troppo spesso poste dinanzi a un bivio che impone la scelta tra la responsabilità sociale e il business, con il conseguente arricchimento delle proprie casse.
Per Smith, invece, il 2019 deve segnare un anno di svolta: i governi devono impegnarsi a regolamentare seriamente l’utilizzo delle soluzioni tecnologiche per il riconoscimento facciale da parte delle imprese per evitare che un giorno, nel 2024, ci si svegli trovandosi dinanzi una realtà molto simile a quella preconizzata da George Orwell nel suo romanzo 1984.
Sì insomma alle tecnologie di riconoscimento facciale a patto che le aziende che ne fanno uso dimostrino come esse vengono utilizzate e siano autorizzate a farlo da parte di un’autorità statale. Solo in questo modo potrà esservi davvero valore per gli utenti finali e si potrà sviluppare una sana competizione di mercato nel pieno rispetto della privacy.
Già oggi sarebbe possibile, indossando un visore per la realtà mista o aumentata, procedere a un riconoscimento facciale, anche di soggetti sconosciuti e di persone incontrate per strada o a un colloquio di lavoro.
Diversi esperimenti sono già stati fatti in tal senso: un sito russo “dimostrativo” chiamato FindFace utilizzava l’archivio fotografico degli utenti registrati sul social network russo VKontakte per stabilire l’identità di una persona partendo da una sua foto, ad esempio uno scatto acquisito su un qualsiasi mezzo pubblico.
Facebook stessa è impegnata nel settore della realtà virtuale (uno dei campi di maggiore interesse per lo stesso Mark Zuckerberg che a suo tempo decise di acquistare Oculus) e della realtà aumentata. Collegare la tecnologia di riconoscimento facciale Facebook con un paio di occhiali “smart” e riconoscere l’identità di chi si ha di fronte insieme con tutti i suoi interessi e preferenze è quindi molto più che un progetto fantascientifico. Non è stato fatto fino ad oggi, evidentemente, solo per problematiche legate alla privacy (vedere Deepface: Facebook già in grado di riconoscere volti e Facebook riconosce le persone anche a viso oscurato.
L’analisi dei contenuti delle foto, inoltre, esiste già sul social network in blu e pure da molto tempo: Ecco come Facebook analizza le foto degli utenti.
Il presidente di Microsoft non fa nomi, ovviamente, ma auspica che l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale (anche da parte degli enti governativi) continui ad essere soggetto allo stato di diritto.